Un nome che torna spesso. Piero Amara, l'uomo dei dossier e dei depistaggi, al centro di un sistema di relazioni tra consiglieri di Stato e aziende. Dalle vicende Eni - di cui è stato avvocato esterno - alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato, dal «Sistema Siracusa» al caso dell'ex pm Luca Palamara. Coinvolto in vari procedimenti penali (deve scontare in carcere quasi 4 anni), l'avvocato siciliano è diventato ora il grande accusatore. Amara riempie da tempo i verbali dei pm raccontando le vicende di politici di partiti diversi, potenti assortiti e toghe d'ogni genere. L'ultimo suo bersaglio è l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che è adesso in forte imbarazzo per via di certi incarichi svolti prima di diventare premier.
Il quotidiano Domani scrive che Amara avrebbe spifferato ai pm di aver «raccomandato» Conte per fargli ottenere, nel 2012-2013, consulenze dal Gruppo Acqua Marcia Spa (la più antica società immobiliare italiana) pagate circa 400mila euro. Una cifra legittima, ma sospetta secondo il testimone.
Il nome di Conte sarebbe stato fatto ad Amara da Michele Vietti, l'ex Udc, eletto vicepresidente del Csm nel 2010. Vietti sarebbe stato a conoscenza del fatto che Francesco Bellavista Caltagirone, che controllava Acqua Marcia, doveva far omologare dal tribunale di Roma il concordato preventivo della sua società. L'impero dell'immobiliarista, infatti, prima di sfiorare il fallimento nel 2013 per un debito con le banche superiore al miliardo, spaziava dagli hotel ai porti, dagli aeroporti ai servizi finanziari e alla comunicazione.
Secondo Amara la nomina di Conte come avvocato di Acqua Marcia (insieme a Guido Alpa ed Enrico Caratozzolo) era condizione fondamentale «per riuscire a ottenere l'omologazione del concordato stesso».
Conte annuncia querela per calunnia: «Mai visto Amara in vita mia, non ho avuto rapporti professionali nemmeno con Vietti. Quanto percepito è congruo». E anche Vietti smentisce: «Amara mente».
Uomo senz'altro da prendere con le pinze, i pm lo sanno, ma da ulteriori verifiche emerge che Fabrizio Centofanti (l'imprenditore accusato di aver corrotto Palamara e che nel 2012 era a capo delle relazioni istituzionali di Acqua Marcia) ha davvero ricevuto da Amara la richiesta di incaricare Conte. Può darsi anche che Amara menta, ma c'è una lettera del 2012 dove Centofanti scrive al professor Conte per chiedergli formalmente il «conferimento di un incarico professionale per la società dell'Acqua Pia Antica Marcia Spa»..
Due anni dopo Conte agevolerà anche l'acquisizione dell'hotel Molino Stucky di Venezia, controllato da Acqua Marcia, da parte dello sconosciuto imprenditore pugliese Leonardo Marseglia, che sbaragliò la concorrenza dei più importanti fondi immobiliari al mondo. Qualcuno potrebbe insinuare il conflitto d'interessi dato che Conte era stato prima consulente di Acqua Marcia (di cui conosceva i documenti del concordato) e poi di Marseglia, che di quel concordato ha beneficiato.
Gli incarichi di Conte, scrive Domani, sono probabilmente tutti leciti, ma i suoi comportamenti non
sono molto vicini all'homo novus senza macchia descritto dalla propaganda del M5s potenziale nuovo capo dei grillini. E l'ex premier, in un post su Facebook, respinge anche questa affermazione: «Attività pienamente lecita».
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