Perché i forcaioli giustizialisti hanno perso sul vitalizio a Formigoni

La decisione della Commissione Contenziosa del Senato scatena l'ira M5S. Sconfitta totale per i giustizialisti

Perché i forcaioli giustizialisti hanno perso sul vitalizio a Formigoni

In Senato è scontro sulla decisione della Commissione Contenziosa che ha deciso di riconoscere nuovamente il vitalizio a Roberto Formigoni. L’ex presidente della Regione Lombardia ha vinto la sua battaglia dopo che era stato considerato decaduto dal trattamento a causa delle condanne penali diventate esecutive. La scelta dell’organo giuridico di Palazzo Madama ha mandato su tutte le furie il Movimento 5 stelle causando una durissima reazione di alcuni eletti del Movimento 5 stelle. I senatori pentastellati hanno chiesto alla presidente Elisabetta Casellati di impugnare la scelta durante l’Ufficio di presidenza di oggi. Richiesta che, con tuttà probabilità, cadrà nel vuoto. Il verdetto della Commissione relativo all’ex presidente lombardo avrà infatti validità erga omnes; alcuni decaduti dal vitalizio, come il socialista Ottaviano Del Turco, potranno godere nuovamente del trattamento previdenziale senza promuovere un nuovo ricorso. Risultato su cui puntavano gli esponenti di diverse forze parlamentari.

Il ricorso presentato da Formigoni è stato ritenuto pienamente fondato. Il forzista Giacomo Caliendo, magistrato e presidente della Commissione Contenziosa, ha deciso di annullare una delibera adottata durante la presidenza Grasso. L’atto prevedeva infatti la sospensione della pensione per tutti i parlamentari condannati in via definitiva. Caliendo ha motivato attingendo a una norma promossa proprio dal Movimento 5 stella all’epoca dell’istituzione del reddito di cittadinanza: “La Commissione deve richiamare l'attuale vigenza dell'articolo 18-bis, del decreto- legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in legge con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (relativo al c.d. Reddito di Cittadinanza), che ha previsto la sospensione dei trattamenti previdenziali solo e unicamente per i soggetti condannati a pena detentiva con sentenza passata in giudicato per i gravi reati di cui all'articolo 2, comma 58, della legge 28 giugno 2012, n. 92. Tale disposizione fa riferimento ai reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni dell'articolo 416-bis, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”. L’organo del Senato è poi sceso nel dettaglio fornendo una spiegazione più chiara: “Si tratta come ognuno può vedere, di reati gravissimi quali terrorismo, associazione di stampo mafioso et similia. Inoltre, la normativa del 2019 prevede anche la sospensione dei trattamenti previdenziali ai soggetti condannati definitivamente a pena detentiva per ogni altro delitto per il quale sia stata erogata, in via definitiva, una pena non inferiore ai due anni di reclusione, ma solo nel caso in cui si siano volontariamente sottratti all'esecuzione della pena. Nel caso di specie tuttavia la situazione del ricorrente non è in alcun modo sussumibile alle circostanze previste dalla norma ora citata”.

I senatori che hanno dato ragione all’ex presidente della Giunta lombarda hanno ricordato che la recente giurisprudenza in tema di vitalizio attribuisce natura previdenziale a questi trattamenti. Sarebbero stato quindi un’evidente ingiustizia non applicare in maniera analogica le norme introdotte con il varo del reddito di cittadinanza. Caliendo e la Commissione hanno blindato il proprio dispositivo attingendo anche alle decisioni in materia assunte dalla Corte costituzionale. Tra le motivazioni si legge: “Parimenti la Commissione contenziosa non può non rilevare come il legislatore nazionale, a seguito della prima pronuncia della Corte costituzionale, abbia approvato la legge 8 giugno 1966, n. 424, recante l'abrogazione proprio delle norme che prevedevano la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico, a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare”.

Sospendere dal vitalizio Formigoni e gli altri condannati per fatti “non di sangue” o non connessi alla mafia o al terrorismo è quindi una sanzione del tutto sproporzionata. Giustizialisti in servizio permanene e ultras della manetta possono mettersi l’anima in pace.

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