E ora? A neanche una settimana dal successo nel confronto televisivo con il suo rivale, Donald Trump (nella foto) sembra ormai veleggiare verso il secondo mandato, grazie alla sentenza della Corte Suprema. Eh sì, perché se l'esito del dibattito alla Cnn è stato per lui un po' offuscato dal clamore della debacle di Biden, la sentenza di lunedì scorso dei supremi giudici federali gli dà una bella spinta in avanti. E non era scontato. Il verdetto, d'altra parte, non lascia adito a dubbi. La Corte Suprema ha infatti stabilito che i presidenti degli Stati Uniti hanno diritto alla «assoluta immunità» dai procedimenti giudiziari per «atti ufficiali». Per la Corte, in sostanza, un ex presidente in questo caso Donald gode di immunità assoluta per i suoi principali poteri costituzionali. I (sei) giudici hanno anche stabilito, certo, che gli ex presidenti non hanno diritto all'immunità dai procedimenti giudiziari per azioni intraprese a titolo privato, rimettendo ai giudici locali l'interpretazione di quali atti rientrino in questa fattispecie. Qualunque sia l'interpretazione giuridica che ne seguirà, però, il risultato politico è uno solo: nella corsa presidenziale Trump batte Biden 2 a 0, nel giro di neanche una settimana.
E la soddisfazione del tycoon si è manifestata tutta quando si è detto «onorato di essere americano, perché questa è una grande vittoria per la nostra costituzione e democrazia», ringraziando i giudici che si sono pronunciati a suo favore solo in parte nominati da lui per l'alto servizio alla nazione. E the Potus? La campagna di Biden ha affermato in un comunicato che «la sentenza non cambia i fatti, quindi cerchiamo di essere molto chiari su quello che è successo il 6 gennaio: Donald Trump è scattato dopo aver perso le elezioni del 2020 e ha incoraggiato una folla a rovesciare i risultati di una campagna elettorale» conclusasi con elezioni libere ed eque. La sentenza scritta dal presidente della Corte Suprema John Roberts ha comunque respinto la decisione di un tribunale di grado inferiore che aveva rigettato la richiesta di immunità di Trump dalle accuse penali federali riguardanti i suoi sforzi per rimediare alla sconfitta elettorale del 2020 contro Joe Biden. A questo punto, la lentezza della gestione del caso da parte della Corte Suprema - peculiarità non solo della giustizia nostrana -, unita alla decisione di rinviare le questioni chiave sulla portata dell'immunità di the Donald ai tribunali di grado inferiore per risolverle, rendono improbabile che Trump sia costretto ad affrontare un processo, con l'accusa di sovversione elettorale avanzata dal procuratore speciale Jack Smith, prima delle elezioni del prossimo novembre.
Si presenta invece sempre più in salita la strada per la rielezione di Biden. Proprio lui, che aveva stigmatizzato la défaillance del suo predecessore nell'essere rieletto, si trova ora a dover affrontare questa nuova grana. Non bastava il passo falso al primo dibattito presidenziale alla Cnn. I giudici della Corte Suprema federale, riunitisi lunedì a Washington al numero 1 di First Street - a un tiro di schioppo, è il caso di dirlo, dal Campidoglio - gli hanno ingarbugliato ancor più la strada per la rielezione, proprio in questo momento così claudicante per lui.
Basteranno gli appelli di Obama, della Clinton e Sharon Stone e tanti altri a risollevare le sorti del presidente? Si vedrà. Intanto, Nikki, la Haley, sta alla finestra a guardare e si gode lo spettacolo. Per ora. Pronta a far pesare i voti che ancora ha.*sociologo fenomeni politici e giuridici Università Lumsa
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.