La sfida nella sfida tra Lega e Fdi all'interno del centrodestra si gioca al nord. Se il primato della Meloni su Salvini a livello nazionale è ormai dato per scontato (con uno scarto anche notevole), un sorpasso di ampia misura anche negli storici feudi del nord-est potrebbe essere una spiacevole sorpresa per il segretario del Carroccio (nelle chat dei salviniani girano messaggi e sondaggi sul possibile doppiaggio da parte di Fdi in terre leghiste da sempre). Le avvisaglie già ci sono state nelle amministrative di giugno, quando Fdi ha superato la Lega nei voti di lista non solo a Genova, La Spezia, Alessandria, Asti, Como, Monza, Piacenza, Parma ma persino nel Veneto, finora considerato inviolabile, e non i piccoli comuni ma a Verona e Padova. Parliamo dell'area del paese in cui storicamente la Meloni ha sempre raccolto meno voti. Il vento però sembra cambiato anche a quelle latitudini, nel nord produttivo in cui per anni (decenni) ha fatto incetta di voti la Lega. Un travaso di voti che farebbe la differenza per la Meloni, che infatti sta intensificando la campagna a Nord. Ieri Trento, Bolzano e Mestre. Oggi, la leader Fdi sarà in piazza del Duomo a Milano con i candidati in Lombardia, tra cui l'ex ministro dell'Economia già berlusconiano Giulio Tremonti in corsa all'uninominale. «Il ceto produttivo guarda a noi, tanti imprenditori e artigiani hanno capito che vogliamo cambiare il rapporto fra Stato e imprese» è sicura Daniela Santanchè, coordinatore lombarda di Fdi. Domani invece tappa a Torino.
Nel frattempo il cofondatore del partito, Guido Crosetto, non candidato in Parlamento (ad un posto da ministro invece sì) ma in contatto costante con l'amica Giorgia che a lui chiede spesso consiglio, batte anche lui il nord-est con continui confronti con gli imprenditori. Nel ruolo di «ambasciatore» economico della Meloni e volto rassicurante della destra con la fiamma tricolore nel simbolo, Crosetto l'altro giorno era a cena con 200 industriali della provincia di Treviso, in un ristorante di San Polo di Piave. Nella mattinata aveva visto quelli di Padova, e pranzo quelli di Vicenza, poi negli altri giorni colloqui e incontri con gli imprenditori di Verona e Venezia. L'agenda «nordista» del piemontese Crosetto è fitta di nomi e appuntamenti. Un tour parallelo a quello della Meloni, con un chiaro obiettivo, fare presa nell'elettorato del nord già appannaggio della Lega e di Berlusconi.
Infatti la Meloni (appena tornata dal forum di Cernobbio) è molto attenta a calibrare le promesse economiche, non condivide le ipotesi di nuovo debito, tocca tutti i tasti che fanno risuonare gli animi del ceto produttivo (ridurre il cuneo fiscale, aiuti pubblici per le bollette delle imprese, per cui annuncia che il 15 interromperà la campagna elettorale per presenziare in Parlamento sul decreto aiuti «per sostenere gli italiani»), rassicura sulla fedeltà atlantica dell'Italia. E si presenta più draghiana degli altri. Un riposizionamento rispetto al passato più da destra sociale, che sembra stia premiando la Meloni al nord. Salvini ha capito il pericolo e sta infatti tornando alla carica. L'altro giorno ha lanciato la proposta di un ministero a Milano.
Poi da Treviso ha promesso che «a questo giro chi vota la Lega il 25 settembre ci dà la forza così l'autonomia diventa realtà, finalmente», un argomento molto sentito in Veneto e Lombardia (i referendum del 2017 stravinti dal sì ma mai tradotti in realtà). Farsi doppiare nel profondo nord-est dalla Meloni per Salvini sarebbe uno smacco.
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