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Petrocelli non molla la poltrona di presidente. "Si dimetta o i gruppi diserteranno gli Esteri"

In Commissione non è prevista la sfiducia. Ira Pd, Marcucci: "È indegno"

Petrocelli non molla la poltrona di presidente. "Si dimetta o i gruppi diserteranno gli Esteri"

Nessuno vuole più Vito Petrocelli a capo della Commissione Esteri di Palazzo Madama, ma è impossibile sfiduciarlo. Così l'indignazione da parte di tutte le forze politiche per il tweet del senatore sulla Festa della Liberazione, con la Z divenuta simbolo dell'invasione russa in Ucraina scritta in maiuscolo, si scontra con il muro dei regolamenti parlamentari. Infatti al Senato non esiste una procedura che consenta di rimuovere dal proprio incarico un presidente di Commissione. L'unico che potrebbe sbloccare l'impasse, dunque, è lo stesso parlamentare, soprannominato compagno Petrov, che dovrebbe dimettersi dal suo incarico. Un'ipotesi che, al momento, Petrocelli non sembra prendere in considerazione. Resta lo scenario delle dimissioni di massa dalla Commissione. Una diserzione che costringerebbe la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati a sciogliere l'organismo e a ricostituirlo. C'è solo un precedente: quello di Riccardo Villari, presidente della Vigilanza Rai tra il 2008 e il 2009. Dopo la sua espulsione dal Pd i presidenti delle Camere Gianfranco Fini e Renato Schifani sciolsero la Commissione. Si trattava però di una commissione non permanente, per cui è prevista la possibilità di scioglimento da parte dei presidenti di Camera e Senato, cosa non contemplata chiaramente per le commissioni permanenti.

Ma il Pd insiste con il senatore Andrea Marcucci e con la capogruppo al Senato Simona Malpezzi. «Petrocelli non può guidare la commissione Esteri, lo abbiamo detto più volte: con le sue provocazioni ha superato ogni livello - twitta Malpezzi - Vanno usati tutti gli strumenti utili affinché non sia più presidente, anche la sostituzione dalla commissione». Marcucci chiede l'ammutinamento con toni ancora più duri: «Se l'indegno Petrocelli non dovesse dimettersi volontariamente da Presidente, mi auguro che i gruppi parlamentari non partecipino più alle sedute della commissione Esteri». Però in Commissione non mancano i senatori che non sono convinti della bontà della soluzione delle dimissioni di massa. E c'è chi teme di essere dirottato in una Commissione meno gradita. In Senato si paventa anche di fare richiesta alla capogruppo M5s Mariolina Castellone di spostare Petrocelli in un'altra commissione prima che sia conclusa la procedura di espulsione.

La rabbia pubblica è bipartisan. «Imbecille o venduto ai russi poco importa. Questo squallido individuo deve dimettersi», attacca il senatore di Fratelli d'Italia Giovanbattista Fazzolari. Emanuele Fiano, deputato del Pd, insinua dubbi sui rapporti di Petrov con Mosca: «Ci sono persone che non capiscono, magari ci sono anche persone che intrattengono rapporti con l'altra parte». Il senatore del Gruppo Misto, ex Pd, Tommaso Cerno rivela: «Qualche tempo fa partecipai a una surreale missione organizzata dall'istituto Italia-Cina presieduto da Petrocelli. Dopo qualche giorno decisi di tornare in Italia. Il collega era più maoista del grande timoniere».

Nonostante le perplessità di alcuni grillini, Petrocelli sarà espulso dal M5s.

Ma potrà fare appello al Comitato di Garanzia, dove siede Virginia Raggi, che in alcune chat ha espresso posizioni simili a quelle di Petrov. Roberto Fico, pentastellato presidente della Camera, non ha dubbi: «Condivido la scelta di Conte. Credo che quella Z oggi rappresenti il peggio e usarla è terribile».

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