Si scrive cultura a Roma, si legge Pd. Prima Veltroni, poi Franceschini, un impero su cui non può tramontare il sole. Poi arriva un governo di destra, con un ministro della Cultura di destra, e un governatore di destra in Regione Lazio. Entrambi - Sangiuliano e Rocca - hanno i loro rappresentanti nel cda della fondazione Teatro di Roma. C'è da nominare il nuovo dg. Dopo aver incaricato una commissione esterna che valuta più di 40 curricula, vengono selezionati i tre nomi migliori (Cutaia, De Fusco, Giorgetti). Uno solo però è sponsorizzato dal Pd, quello di Onofrio «Ninni» Cutaia, gran visir della burocrazia ministerial-culturale e uomo di fiducia di Franceschini (prima di Veltroni, prima ancora - si racconta - di Rifondazione Comunista, tendenza Gennaro Migliore). Il sindaco di Roma, quindi il Pd, punta all'ambo: dg Cutaia, presidente dell'ente Francesco Siciliano. Costui non è solo un intellettuale di area, è proprio organico al Partito democratico. Figlio di Enzo Siciliano (raffinato scrittore e presidente Rai durante il primo governo Prodi), Francesco Siciliano è un raffinato uomo di teatro con la tessera del Pd in tasca: «dal 2009 al 2013 è stato vice Responsabile Nazionale Cultura e Informazione del Partito Democratico, di cui è stato anche coordinatore del forum Radio Tv», si legge nel suo cv, ma pure assessore alla Cultura della provincia di Cagliari, ovviamente a guida Pd. Il progetto del Pd romano, mandato all'aria dal centrodestra, era dunque di mettere Cutaia alla direzione generale del teatro, con compiti di gestione manageriale, e lasciare più spazio a Siciliano nella conduzione artistica del teatro, ingaggi di compagnie etc. Ma c'era un terzo piccione da prendere con la stessa fava. Il Pd deve infatti trovare una poltrona a Carlo Fuortes, l'ex presidente Rai in attesa di incarico dopo la defenestrazione dal San Carlo. Il posto che volevano dargli il Pd è quello di commissario del Maggio Musicale Fiorentino. Poltrona attualmente occupata da chi? Da Cutaia, voluto lì proprio dal ministro Sangiuliano per risanare una situazione di bilancio molto complicata (ma anche Nardella vuole che resti a Firenze, quindi il Pd non è d'accordo neppure su questo). Nominando Cutaia a Roma, si faceva felice il compagno Siciliano e si trovava pure lavoro a Fuortes. Il piano era perfetto, ma è morto. I consiglieri di centrodestra (Regione e ministero), contro il parere del Campidoglio, nominano Luca De Fusco. Non è targato Fdi, è un regista che in 40 anni ha lavorato con amministrazioni di sinistra e destra. «É una persona che, da quello che io apprendo, ha un curriculum di ferro sul piano culturale della competenza, lo scandalo è che non ha la tessera la tessera del Pd - dice il premier Meloni a Quarta Repubblica - È finito il tempo dell'amichettismo, nei posti ci vanno le persone che hanno le competenze».
I dem non si arrendono, Gualtieri chiede a De Fusco di dimettersi mentre in Campidoglio si affilano le armi: pronta una mozione in aula e un ricorso «in tutte le sedi» per annullare la nomina. Ma è tutto da dimostrare, statuto alla mano, che la delibera del cda sia illegittima.
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