La Francia ha reagito, immediata, unita, «spogliata» sulla rete sull'onda di migliaia di selfie in costume da bagno, all'ipotesi di un nuovo attentato alla sua libertà, concretizzatosi in quello che sembrava un vero e proprio linciaggio ai danni di una ventunenne che prendeva il sole in bikini in un parco pubblico, da parte di due giovani musulmane. La strage di Charlie Hebdo ha delineato una marcata linea rossa nelle coscienze del paese d'oltralpe che, al primo accenno di un nuovo attacco al modello di vita occidentale, si è virtualmente preso per mano per combattere il razzismo religioso. È questo il tassello importante emerso tra le ombre del volto gonfio di lividi della vittima di un presunto episodio di integralismo, dove la tolleranza e la cautela nei giudizi vengono spinte via dal viscerale bisogno di delimitare e respingere ogni forma di estremismo da un Paese che ha pagato a caro prezzo la sua forte, a tratti per mano di spregiudicata penna, voglia di libertà.
È trascorsa una settimana dalla pubblicazione su un sito locale francese ( L'Union ) della notizia che dava per certa una feroce aggressione ai danni di Angelique Slosse, ventenne di Reims, comune francese nel dipartimento della Marna, regione Champagne-Ardenne, presa di mira da cinque giovani donne, di cui due islamiche, perché prendeva «immoralmente» il sole al parco in bikini. La vicenda è stata catapultata immediatamente alla ribalta dei media nazionali dove, però, con il tempo è stata ridimensionata. « L'Union » aveva titolato l'episodio «aggredita in bikini da donne mussulmane perché ritenuta immorale». Secondo quanto ricostruito dal media straniero la vittima stava prendendo il sole nel parco Leo-Lagrange quando un gruppo di cinque giovani, tra cui le maggiorenni Ines Nouri, Zohra Karim e Hadoune Tadjouri, le sarebbe passato accanto e una di loro, perché musulmana, l'avrebbe offesa a causa del succinto bikini che indossava. La risposta piccata della giovane avrebbe, secondo « l'Union », scatenato la reazione violenta del branco, che le si sarebbe scagliato contro riempiendola di calci, schiaffi e pugni al volto. A bloccare il pestaggio sarebbero stati alcuni passanti che, chiamata la polizia, avrebbero messo in fuga la «banda» di giovinastre, poi identificate e fermate dagli agenti francesi. Sia « Le Monde » che « Liberation » hanno però reso noto nei giorni scorsi che la magistratura francese tende ad escludere un movente religioso alla base del pestaggio. Attraverso BuzzFeed France poi, la diciannovenne mussulmana presunta istigatrice dell'aggressione, avrebbe dato ieri la sua versione dei fatti: «Ero con tre amiche e la mia sorellina, siamo passate davanti a tre donne in bikini. Ho detto alle altre che io non avrei mai avuto il coraggio di prendere il sole in quella tenuta. Ma l'ho detto perché sono complessata, niente a che vedere con la questione religiosa o morale. Sono mussulmana, è vero, ma tollerante». Il dubbio quindi resta. Ma a prescindere che si sia trattato di una questione «religiosa» o di bestiale stupidità, ciò che resta inciso nella pietra è la campagna #jeportemonmaillotauparcleo («indosso il mio bikini al parco Leo»). Sono migliaia le fotografie di giovani, soprattutto donne, che circolano su twitter e tutti gli altri social network, a sostegno di Angelique, divenuta suo malgrado in poche ore simbolo della libertà di espressione (in qualsiasi forma) della Francia. Un emblema che pone l'accento sulla forza di un Paese che oltre a non essersi lasciato intimidire dai fiumi di sangue versati a inizio anno, dimostra di non permettere a nessuno la messa in discussione della condizione della sua popolazione femminile.
La difesa di quel bikini, è come una carezza carica di rassicurazioni al volto tumefatto di Angelique, quasi a dirle che decenni di battaglie culturali per la libera gestione del proprio corpo da parte di una donna, sono intoccabili. Il bikini non si copre, al massimo si strappa, #jesuislibre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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