«Un meteorite ha colpito l'economia italiana». Con questa immagine il Centro studi di Confindustria ha sintetizzato gli effetti del coronavirus. I risultati sono ben peggiori di quelli provocati dal crack di Leheman Brothers. Il Pil nel 2009 cadde del 4,9%. Le stime preliminari indicano una perdita del 6% annuo, ma solo se almeno il 90% delle attività potrà riprendere entro maggio. In particolare, nel primo semestre si prevede una flessione del prodotto interno lordo del 10% con 86 miliardi di euro che andranno in fumo nell'ipotesi basata sulla media degli ultimi trimestri nei quali la produzione si attestava attorno ai 430 miliardi. Nulla sarà risparmiato: i consumi delle famiglie sono visti in calo del 6,8% annuo, gli investimenti del 10,6% e l'export del 5,1% su base annua. Le stime di Confindustria sono peggiori di quelle di Standard & Poor's che prevede una diminuzione del Pil del 2,6% e di quelle di Ubs (-4,5%).
Ecco perché il Centro studi della confederazione guidata da Vincenzo Boccia ha evidenziato che se la chiusura delle fabbriche dovesse proseguire oltre aprile il danno sarà pari al almeno lo 0,75% del Pil a settimana. In sostanza 13 miliardi in meno ogni sette giorni, 53 miliardi al mese. Prima o poi bisognerà fare i conti con la recessione e i suoi effetti sui conti pubblici e il debito. I numeri sono impietosi. Nel 2020 si registrerà un deficit/Pil del 5% e il debito salirà al 147%. La disoccupazione risalirà all'11,2% dal 9,9% dell'anno scorso. Bisogna, quindi, ricominciare a lavorare prima possibile. Occorre tutelare il tessuto produttivo e sociale della Nazione, lavoratori, imprese, famiglie, con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse in questo momento per garantire il benessere futuro. «Occorre agire subito. Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese, la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata», si legge nel rapporto del Csc. Anche se per il 2021 si stima un rimbalzo del Pil del 3,5 per cento, in ogni caso non si recupererà quanto perso nell'anno precedente. «Abbiamo davanti a noi una guerra, quella al virus e poi ne abbiamo un'altra da vincere, quella economica. È giusto essere preoccupati oggi, ma accanto alla preoccupazione ci vogliono resistenza e passione e non rabbia. L'Italia deve superare le sue preoccupazioni immediate e cominciare ad avere spirito propositivo», ha detto ieri Boccia.
Le risorse che il Paese sta mettendo in campo con il decreto Cura Italia sono pertanto insufficienti ed è necessario che l'Ue faccia la propria parte. «Le istituzioni europee sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione», si legge nel rapporto che, citando Mario Draghi, evidenzia come sia «cruciale un passo in più, ovvero l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata».
Inoltre l'Europa è chiamata a compiere «azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere sul nostro modello economico e sociale». E su questi scenari anche le imprese devono mettere a punto comportamenti coerenti e responsabili come invoca Boccia. «La tenuta del sistema economico e delle filiere dipende anche da noi, dalla nostra etica della responsabilità e dai nostri comportamenti, per questo faccio un appello a tutte le nostre imprese», ha scritto il numero uno di Viale dell'Astronomia in una lettera inviata a tutti i propri associati nella quale ha citato Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo, per invitare le aziende al rispetto dei pagamenti nei confronti dei fornitori.
«Ogni impresa, indipendentemente dalla sua dimensione, è funzionale alla sopravvivenza del nostro tessuto produttivo», si legge nel testo nel quale si rimarca che «mantenere gli impegni presi nei pagamenti, salvo gravi e comprovate difficoltà, è la decisione che garantisce continuità a tutto il nostro sistema». Una presa di posizione forte in un momento difficile.
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