Pioggia di minacce in chat dai trafficanti. "Meloni morirai, attenta a tua figlia..."

I migranti in attesa di partire si ribellano con violenza al giro di vite del governo

Pioggia di minacce in chat dai trafficanti. "Meloni morirai, attenta a tua figlia..."
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La notizia della visita di Giorgia Meloni a Lampedusa con Ursula von der Leyen e quella della stretta del governo sull'immigrazione irregolare è rimbalzata rapidamente dall'altra parte del Mediterraneo. Qui, le reazioni contro il presidente del Consiglio italiano sono state veementi e violente. Vere e proprie minacce sono state rivolte al premier dai migranti che sono pronti a prendere il mare in direzione del nostro Paese e che sfidano le istituzioni, avvertendo che ci saranno nuove partenze di massa. Tutti questi messaggi si trovano nelle chat in cui da tempo siamo infiltrati per monitorare i movimenti in direzione dell'Italia. Tra sobillatori, facilitatori, trafficanti e migranti ora serpeggia il panico per il nuovo piano dell'Italia sostenuto dall'Europa per limitare il fenomeno migratorio. «Morirai presto, razzista put... di m...», scrive contro Meloni tal Issa, guineano pronto a pronto a imbarcarsi su una delle carrette di metallo che attraversano il Mediterraneo. Una minaccia non velata contro il premier, alla quale ne fa seguito un'altra, che coinvolge anche sua figlia Ginevra, di appena 7 anni: «Smetti di parlare, hai una figlia. Stai zitta». Queste sono tutte persone che presto o tardi, più la prima che la seconda, in qualche modo riusciranno ad arrivare in Italia, se non cambia qualcosa concretamente, e si uniranno alla schiera di «gentiluomini» che popolano le nostre città.

Ma il presidente del Consiglio dopo le sue dichiarazioni e l'annuncio di un nuovo corso più stringente contro gli irregolari è nel mirino. «Giorgia Meloni non è niente, niente. Siamo in guerra con l'Italia?», è la domanda di un altro migrante. In questo bailamme di minacce, non mancano nemmeno gli insulti contro il premier: «È una str...». Questo è il tenore dei messaggi che abbiamo intercettato e che sono il termometro di una crisi che ribolle sulle coste nordafricane, dove finora la nostra Nazione è stata percepita come il Paese di Bengodi a causa delle politiche suicide della sinistra. «Porti aperti», «accogliamoli tutti», sono slogan che sono facilmente arrivati a chi muove i fili delle partenze, ai trafficanti di esseri umani pronti a riempire le loro bagnarole di «soldati della migrazione», come si chiamano l'un l'altro.

E sono loro ad aver lanciato una vera e propria sfida all'Italia, ora che il governo di centrodestra ha annunciato il giro di vite che rischia di mettere a rischio tutti i loro piani. Le partenze, infatti, sono programmate da qui ai prossimi mesi e non appena le condizioni atmosferiche sono favorevoli, i lanci dalle coste tunisine torneranno massicci.

E sono gli stessi migranti a rivolgersi a Meloni, con provocazioni contro le nuove misure del suo esecutivo. «Devi aspettarti il peggio, perché la metà di noi non è nemmeno partita. Ora stiamo risparmiando», spiega un certo Abdoulaye. A fargli eco c'è anche Gambiga: «Non hanno visto proprio niente. Stiamo arrivando». Sono per lo più i subsahariani a dimostrare una certa tensione, ma anche strafottenza, nei confronti del nostro Paese.

«Nessuno può fermarci, è così dalla notte dei tempi», «Non hai visto ancora nulla», «Stiamo arrivando», «Signora Meloni, non abbiamo praticamente ancora iniziato e ci vuoi rimpatriare?», e così via. Una sequela di sfide aperte al nostro Paese, di messaggi diretti al premier, ora in pericolo anche per la minaccia esterna.

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