La spending review ci sarà per consentire all'Italia di rientrare progressivamente nei sentieri del Patto di Stabilità oltreché per favorire un fisco più equo. È quanto viene sottolineato nella lettera inviata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ai ministri in merito alla road map per la realizzazione del Pnrr. In particolare, la revisione della spesa è prevista tra il 2023 e il 2025 per «risparmi diretti a sostenere le finanze pubbliche o finanziare una riforma fiscale o riforme della spesa pubblica favorevoli alla crescita». Entro il prossimo dicembre saranno varate norme per «migliorare l'efficacia» della spending review rafforzando il ruolo del ministero dell'Economia, mentre a giugno 2022 saranno individuati gli obiettivi per il 2023.
Al titolare del tesoro, Daniele Franco, spetterà anche raggiungere un obiettivo ambizioso: ridurre del 15% entro il 2024 la «propensione all'evasione» di tutte le imposte rispetto al 2019. A questo scoposi prevedono «incentivi mirati ai consumatori» e una spinta al digitale per portare a 2,3 milioni le dichiarazioni Iva precompilate entro giugno 2023 e a un +40% le «lettere di conformità» entro il 2024 (+30% di gettito). Non sarà il solo punto controverso perché questa parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede il potenziamento delle banche dati dell'Agenzia delle Entrate non solo per rendere più efficace la selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo, ma soprattutto per aumentare il cosiddetto «adempimento spontaneo» attraverso le lettere di compliance, cioè gli ammonimenti ad aderire all'autoliquidazione .
Molte polemiche, in particolare da parte delle associazioni dei consumatori, ha scatenato la prevista introduzione di «sanzioni amministrative effettive» contro gli esercenti che dovessero rifiutare i pagamenti con il Pos. Si punta, infine, a ridurre a 30 giorni (60 per la sanità) i tempi di pagamento della Pa entro fine del 2023. Si dovrà, inoltre, effettuare un «tagliando» al federalismo fiscale entro il 31 marzo 2026 con l'assegnazione delle risorse «alle amministrazioni territoriali sulla base di criteri oggettivi».
Non meno arduo sarà il compito assegnato al ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Si dovranno raggiungere almeno 3 milioni di beneficiari del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) entro il 2025. La riforma degli ammortizzatori sociali dovrà «promuovere un sistema attivo del mercato del lavoro più efficiente grazie a servizi specifici per l'impiego e piani personalizzati di attivazione del mercato del lavoro». Il problema è che il costo prospettato di circa 10 miliardi ha già scontentato imprese e sindacati, preoccupate di dover pagare di più per le tutele anti-disoccupazione come la cassa integrazione.
E non vi è certezza nemmeno sul finanziamento pubblico della riforma perché il ministro Franco, al momento, non è entusiasta dei costi connessi all'allargamento della cigs alle micro-imprese (oltre 1 miliardo, inizialmente a carco dello Stato). A bene vedere, un problema tecnico diametralmente opposto alle divergenze politiche che finora hanno impantanato il dibattito sulla riforma fiscale.
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