Poitiers, spari tra la folla per la droga. Il ministro: "La Francia come il Messico"

Centinaia di coinvolti nel regolamento di conti tra bande

Poitiers, spari tra la folla per la droga. Il ministro: "La Francia come il Messico"
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Bande di minorenni pronte a tutto per conquistare pezzi di territorio per conto di chi gestisce il business della droga dall'alto. Ultima fermata, Poitiers. Giovedì sera. Spari da un'auto davanti a un «kebabbaro». Un 15enne centrato alla testa da un'arma automatica che lotta tra la vita e la morte. Poi una maxi-rissa nel cuore pulsante della banlieue, in piena notte. Stesso identikit di altre scene in molte città dell'Esagono. Stavolta è toccato a quella Francia occidentale «un tempo rinomata per la sua tranquillità», spiega il ministro dell'Interno Bruno Retailleu, che auspica «un nuovo arsenale legislativo» pur in mancanza di una maggioranza assoluta in Parlamento. Inchieste fiscali più approfondite per «colpire il narco-banditismo al portafoglio»; più uomini sul campo e maggior videosorveglianza. Poi un durissimo j'accuse ai circa 5 milioni di consumatori di stupefacenti in Francia, «partecipi di un sistema che semina la morte». Paese in stato di overdose?

Cosa è accaduto giovedì sera alle 22,45 lo chiarisce il procuratore di Poitiers che ha aperto un fascicolo per tentato omicidio. Teatro del regolamento di conti, il ristorante Otentik halal, con clientela di ogni tipo che per ironia della sorte ha come motto «Good times» (Bei momenti). Siamo a Couronneries, agglomerato urbano dove vivono circa 10mila persone stipate in case popolari da periferia. Prima i colpi sul ragazzino legato al traffico di stupefacenti. Stava mangiando all'esterno. Poi la piazza antistante che si trasforma in un ring. Da una decina di presenti a due dozzine a una folla in pochi minuti. I cellulari dei baby-spacciatori iniziano a inviare messaggi, e in un lampo lo spazio diventa un'arena dove i minorenni rimasti vivi parteggiano per l'uno o l'altro boss. A terra, i feriti: 5 in totale tutti nati tra il 2008 e il 2009. All'arrivo, la polizia trova solo «una sessantina» di presenti e 11 bossoli appartenenti a un'arma automatica. I ragazzini iniziano a inveire contro gli agenti, che sparano tre granate lacrimogene. Tre fermi, due sono testimoni oculari. Si conclude che chi ha sparato sia nel business della droga soltanto da pochi giorni. Gli inquirenti cercano di venire a capo dell'ennesima guerra tra bande che sempre più spesso prende di mira città di media dimensione. Soldi, potere e manovalanza che rischia poco davanti alla legge. Stesso film a Rennes meno di una settimana fa, dove nella banlieue c'è andato di mezzo il figlio di uno spacciatore, colpito a 5 anni da un proiettile vagante. Proprio da Rennes parla il ministro Retailleau annunciando un giro di vite. Siamo a un punto di svolta, «la scelta è tra la mobilitazione generale o la messicanizzazione del Paese, la narco-feccia non ha più limiti, dobbiamo far diventare la guerra al narcotraffico una priorità nazionale come abbiamo fatto con il terrorismo». Il fenomeno dei minorenni usati come manodopera da boss che spesso danno ordini dalle carceri è sempre più diffuso. Era successo pure a Marsiglia un mese fa, due episodi in pochi giorni.

Ecco perché il ministro si rivolge ai consumatori: «La droga ha il gusto del sangue, prendere coca non è un'azione ricreativa, fumare uno spinello neppure, sono atti che alimentano la violenza». Spacciatori che sfruttano ragazzini dai 12 ai 14 anni insù per regolamenti di conti che finiscono in tragedia.

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