Metti una campagna elettorale sotto il solleone, nell'estate più torrida degli ultimi anni e aggiungi la Rai, già in fibrillazione per i futuri assetti e con dirigenti e mezzi dirigenti in forsennata ricerca - scusate il cortocircuito meteorologico - di un posto al sole e il risultato non può che essere paradossale. Oltre i limiti dell'immaginazione. Così, sul finire di agosto, viene fuori la strampalata idea di un dibattito a due, ospitato dalle opalescenti e sacre sedute di Porta a Porta, tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta. E tutti gli altri? Intervistati uno alla volta, separatamente. Come delle comparse.
Qui, dalle parti del Giornale, come sapete bene, non siamo mai stati grandi sostenitori della par condicio. Anzi. Ma questa sembra più una sorta di bar condicio, un confronto le cui regole sono state decise tra un bicchiere di vino e una mano a carte. Ci sfugge del tutto il criterio della scelta degli astanti. Se si basasse sui sondaggi - quindi i presunti primi due partiti in testa alle preferenze delle prossime elezioni - sarebbe una novità assoluta e anche piuttosto fallace: per fortuna non viviamo ancora nella sondaggiocrazia. Non si tratta nemmeno dei candidati premier ufficiali, i quali si conosceranno solo quando si saprà chi ha preso più voti all'interno della propria coalizione. Non sono neppure i rappresentanti dei partiti politici più forti, al momento, in Parlamento, altrimenti Giuseppe Conte avrebbe diritto di sedersi negli studi di Bruno Vespa. Insomma, un gran pasticcio e una beffa per una azienda che per anni è stata sclerotizzata ai limiti del ridicolo dalle ingessature della par condicio.
A essere maliziosi, non si può non notare che questa proposta è stata avanzata da Enrico Letta. Idea immediatamente accolta da viale Mazzini, salvo imbarazzate retromarce.
D'altronde l'accondiscendenza di una certa parte della Rai nei confronti della sinistra è un antico tic che conosciamo bene. E lo conosce bene anche Letta, che è l'unico a guadagnarci da questa polarizzazione che taglia fuori tutti gli altri attori in gioco e appiattisce tutto su due sole posizioni. Alla faccia del pluralismo.
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