Viene difficile parlare con serenità di Angelino Alfano da queste colonne. Il tradimento nei confronti di Forza Italia e di Silvio Berlusconi che consentì prima ad Enrico Letta e poi a Matteo Renzi di governare (male) questo Paese ha prodotto lacerazioni profonde e forse insanabili. Ma la politica non vive, né avanza, sui rancori o sui sentimenti. In politica, come negli affari, si prova a fare ciò che è utile, anche se appare incomprensibile ai più. Oggi siamo di fronte a uno di questi passaggi che, comunque lo giri, rimane appunto incomprensibile. Parlo del caso Sicilia, la regione chiamata alle urne a novembre.
La Sicilia è la terra d'origine anagrafica e politica di Alfano, l'unico fazzoletto d'Italia dove lui e il suo partitino dispongono di un gruzzoletto di voti. Piccolo, ma potenzialmente decisivo sia per il centrodestra che per il centrosinistra in chiave anti-grillina. Per questo, nelle ultime ore, Alfano è passato da brutto anatroccolo a principe azzurro della politica, da tutti corteggiato, sia pure turandosi il naso. Berlusconi non lo ha perdonato, Renzi lo considera meno che niente, ma sta di fatto che ad entrambi sarebbe utile allearsi con lui. Che, sapendolo, alza il prezzo facendo la spola tra l'uno e l'altro, suscitando lo sdegno dei rispettivi alleati storici. Al momento l'ago pende per Renzi, più abile di Berlusconi a mentire e promettere, sapendo che poi non manterrà la parola.
È un bel dilemma per Alfano: sa di non avere nessun amico e deve scegliere tra due nemici. E allora dovrebbe valere la vecchia regola: il nemico del mio nemico può essere mio amico. Quindi la domanda da porre ad Alfano dovrebbe essere: visto che non hai amici, chi è più nemico? La sinistra o Forza Italia, di cui sei stato addirittura segretario e a cui devi praticamente tutto? Per sconfiggere Hitler, l'America si alleò addirittura con Stalin.
Ho visto fare molto di peggio per molto meno. Non è il momento di fare gli schizzinosi, è quello di tornare a governare al più presto.
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