Populismo, populisti e la nuova politica nell'era degli slogan urlati

Il neo governo giallo-verde porta al potere i partiti anti-casta. Per dar vita alla popolocrazia

Populismo, populisti e la nuova politica nell'era degli slogan urlati

"Se ‘populismo’ è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente – prendo spunto da riflessioni di Dostoevskij tratte dalle pagine di Puskin –, se ‘anti-sistema’ significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni".

Così parlò Giuseppe Conte nel suo discorso di fiducia al Senato, riferendosi a M5S e Lega. Populista è stato definito il neo governo giallo-verde, populiste sono le anime che lo ispirano.

D'altra parte lo stesso Di Maio, la domenica sera che vide precipitare l'idea del governo, causa il niet di Mattarella su Savona al Mef, in piazza arringò i suoi adepti affermando che loro sono lo Stato.

Già, la democrazia diretta, il potere in mano al popolo, che lo amministra senza intermediari. E, di conseguenza, la politica al servizio del popolo, come semplici portavoce del sentire dei cittadini. È il mantra della nuova politica mondiale: Trump è un populista, il sentimento che spinse alla Brexit è populista, Grillo, il M5S, la Lega sono populisti.

Ma cosa significa il termine ‘populista’? Ecco, possiamo definirlo come una sorta di contenitore dove dentro ci possiamo infilare tutto o niente.

Un termine che qualcuno considera un vanto, e molti declinano, invece, in tono dispregiativo. Anche perché già la democrazia stessa esprime il concetto di potere del popolo, che lo amministra attraverso i suoi rappresentanti eletti.

Il populismo fa un salto in avanti, cancellando il valore stesso della politica, che viene intesa come una casta incollata al potere; e gli eletti sono indegni rappresentanti del popolo, perché non si curano dei suoi bisogni, ma curano solo i propri interessi.

Per cui si rovescia la realtà: il popolo comanda direttamente, la politica obbedisce. Ed il popolo ha bisogno di un leader carismatico, di parole semplici, di slogan che infiammino gli animi; non è più importante il come ed il perché delle cose, sono importanti solo le cose stesse.

La politica diventa un urlo continuo ed esasperante, il ragionamento viene messo in soffitta, il rispetto istituzionale, sotto i piedi. Tutto e subito, perché c'è già un populista più populista pronto a soffiare sugli animi roventi degli stessi cittadini.

Un imbarbarimento culturale, ideologico, linguistico che ha preso una strada di cui non si conosce ancora il termine ultimo.

Siamo passati dal populismo alla ‘popolocrazia’ - termine coniato dallo storico francese Marc Lazar - il potere del popolo senza limiti; un popolo inteso come massa omogenea, a pensiero unico, onniscente, che interviene direttamente nelle complesse questioni politiche ed economiche grazie ad internet, ai social, per mezzo di slogan efficaci.

Il popolo ha sempre ragione, direbbe qualcuno; ce lo chiedono i cittadini, è la giustificazione spesso usata. Ma non dimentichiamo che tra Gesù e Barabba, il popolo scelse quest'ultimo. E non a ragione.

Mattarella ha provato a trasformare, con il governo Lega-M5S, i movimenti anti-sistema in establishment, per disinnescarli. Sarà questa una valida soluzione, per ridare spessore e credibilità all'azione politica? Chissà…

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