Le porte girevoli per i pm tornano per poche ore poi arriva il dietrofront

Gli emendamenti Lega-Fdi eludono la riforma. Il pasticcio alla fine si scioglie: improponibili

Le porte girevoli per i pm tornano per poche ore poi arriva il dietrofront

Tornano le porte girevoli fra politica e magistratura. Anzi no. Polemiche. Sospetti e una mezza retromarcia intorno a due emendamenti presentati da FdI e Lega. Forse per accontentare toghe amiche che hanno scelto di lavorare con l'esecutivo. Ma è proprio su questa delicata frontiera che era appena intervenuta la riforma Cartabia, scritta con lo scopo di tagliare i nodi che avvelenano i due poteri. Due le fattispecie approvate solo la scorsa estate: chi entra nell'arena e viene eletto indossando la casacca di un partito, dovrà rassegnarsi alla fine dell'incarico ad andare fuori ruolo; ancora chi viene chiamato ad un ruolo nel governo dovrà fermarsi per una pausa di decantazione prima di rientrare nei ranghi.

È esattamente il punto dolente della coppia di emendamenti, probabilmente ispirati dalla stessa regia, e targati maggioranza. Il «taxi» su cui salgono FdI e Lega è quello del Pnrr, insomma la più nobile sfida nazionale. E qui si inserisce la manovra che prova a disinnescare la Cartabia, Ancora fresca di approvazione. I testi aboliscono la stanza di compensazione per chi si trova proprio a seguire i temi del Pnrr e poi per quelli che sono stati chiamati nei primi 30 giorni di vita dell'esecutivo. Possibile?

Il centrodestra, dopo aver sollevato la querelle sul pendolarismo fra politica e giustizia, scopre le deroghe, le eccezioni, le obiezioni. Dunque, in questi casi i giudici rientrano immediatamente a Palazzo di giustizia, senza alcuna finestra temporale, e possono aspirare a posizioni direttive. Porte più che girevoli. E il sarcasmo dai banchi dell'opposizione. Enrico Costa di Azione scrive un'interrogazione: «Questi emendamenti sono stati ritagliati ad hoc per consentire ai magistrati ai vertici dei ministeri di tornare subito nei tribunali e di avere incarichi direttivi. E magari giudicare gli avversari politici».

In effetti, siamo al capovolgimento del mantra ripetuto dal centrodestra in tutte le sue gradazioni da sempre: no e poi no alle toghe che scelgono una parte e poi si rimettono la toga. Cosi, si torna ai soliti sospetti, alle ombre sulla politicizzazione dei magistrati che si sono cimentati col potere e hanno smarrito quell'imparzialità, o per essere più sottili quell'immagine di imparzialità, ricercata per anni e anni fra una riforma e l'altra. «Ho presentato un'interrogazione al ministro Nordio che, a differenza dei suoi uffici, sono sicuro fosse all'oscuro della vicenda - prosegue Costa - perché blocchi questo maldestro tentativo di cucire norme su misura per qualche magistrato con il pretesto del Pnrr».

Sulla stessa linea anche il Pd: «Questa destra - ironizzano i capigruppo in Commissione giustizia di Camera e Senato Federico Ganassi e Alfredo Bazoli - è davvero tutto chiacchiere e distintivo. Alla prova dei fatti si smentisce sempre e promuove solo ritorni al passato». Con un'operazione che aggira la Cartabia. Ma il blitz dura poche ore, poi si sgonfia, almeno in parte: «Non c'è alcun caso politico - spiega all'Adnkronos il senatore di FdI Marco Lisei, primo firmatario di uno dei due testi incriminati. Che succede dunque? È sempre il parlamentare a spiegarlo: «L'emendamento al decreto Pnrr è stato dichiarato improponibile e verrà formalmente ritirato.

Non verrà inserito nel testo» Di più: «È un processo alle intenzioni - conclude Lisei - parlano di qualcosa che non c'è».

O forse c'era, ma è caduto, anche se non si hanno notizie precise dell'altra proposta. Certo, per la maggioranza è una pagina da dimenticare.

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