Post di Baricco dalla clinica: "Vi racconto la mia leucemia"

Lo scrittore: "La diagnosi 5 mesi fa, ora il trapianto. Mi conforta l'affetto dei familiari e il successo del Toro"

Post di Baricco dalla clinica: "Vi racconto la mia leucemia"

Di pagine, Alessandro Baricco, se ne intende.

La sua vita è sfogliare capitoli avvincenti. Uno per ogni anno che passa: 63, finora. Che nell'esistenza di un uomo sono tanti; e marcano, col gesso dei bilanci, la linea di confine tra ciò che si fatto e quanto resta ancora da fare. Spazzando via la polvere fastidiosa dei rimpianti.

Nel libro - privatissimo - di Baricco, il capitolo 63esimo ha riservato a tutti una manciata di righe che avremmo preferito non leggere mai. Anche se, a scriverle, è stato uno come Baricco, abituato ad accarezza la penna con la stessa incisiva soavità con cui Maradona sfiorava il pallone.

Eccola allora la pagina, ineditamente social, firmata con gli «abbracci» di «AB»: «Ehm, c'è una notizia da dare e questa volta la devo proprio dare io, personalmente. Non è un granché, vi avverto. Quel che è successo è che cinque mesi fa mi hanno diagnosticato una leucemia mielomonocitica cronica. Ci sono rimasto male, ma nemmeno poi tanto, dai. Quando hai una malattia del genere la cosa migliore che puoi fare è sottoporti a un trapianto di cellule staminali del sangue, cosa che farò tra un paio di giorni (be', non è così semplice, ci stiamo lavorando da mesi, è un lavoro di pazienza). A donarmi le cellule staminali sarà mia sorella Enrica, donna che ai miei occhi era già piuttosto speciale prima di questa avventura, figuriamoci adesso. Molto altro non mi verrebbe da aggiungere. Forse, ecco, mi va ancora di dire che percepisco ogni momento la fortuna di vivere tutto questo con tanti amici veri intorno, dei figli in gamba, una compagna di vita irresistibile, e il miglior Toro dai tempi dello Scudetto. Sono cose, le prime tre, che ti cambiano la vita. La quarta certo non te la guasta. Insomma, la vedo bene. Per un po' non contate su di me, ma d'altra parte non abituatevi troppo alla cosa perché i medici che si sono ficcati in testa di guarirmi hanno tutta l'aria di essere in grado di riuscirci abbastanza in fretta. Abbracci, AB».

«Racconto» integrale. Perché, questa «pagina» (in realtà un post su Istagram inviato dall'ospedale, con accanto pc e volume di Dickens), pare strappata da uno dei suoi romanzi migliori: quelli dove l'insidia del destino che scopri improvvisamente avverso, si stempera nella capacità di neutralizzarla con un tocco di umorismo.

E poi quella voglia sperimentale di spingersi oltre o - come da lui dichiarato al Corriere della Sera - «scollinare in una nuova vallata». Da pochi giorni, ad esempio, aveva lanciato il progetto «Novecento. The Source Code», ovvero, l'audio della sua lettura ad alta voce del monologo teatrale registrato a Capodanno e che aveva deciso di trasformare in un pezzo unico digitale. Una prospettiva visionaria ancorata però a valori antichi.

E chissà se nel suo ironico (ma neanche tanto) riferimento social al «miglior Toro dai tempi dello Scudetto», c'è da parte dello scrittore un implicito riferimento a un calciatore come Sinia Mihajlovi che del Toro è stato allenatore, incarnandone al meglio lo spirito battagliero. Una forza con cui Mihajlovi (e tanti altri) hanno sconfitto lo stesso avversario che ora sfida Baricco.

E nella vita, come nel calcio, avere il «Cuore Toro» è sempre una carta vincente.

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