"Potrà vedere Lavrov". Mosca tenta Salvini ma la sinistra attacca

L'ipotesi di una missione non tramonta. Segnali dalla Russia, gelo anche nella Lega

"Potrà vedere Lavrov". Mosca tenta Salvini ma la sinistra attacca

«Salvini voleva andare a sentire e vedere con i propri occhi ciò che sta accadendo a Mosca, come si era proposto di fare per Kiev». Negli ambienti della Lega domina un incantato stupore per la reazione della sinistra e di molti leghisti di fronte all'intenzione di Salvini di andare in missione personale a Mosca. «Penso che il percorso di pace debba essere in mano alla diplomazia» dichiara il presidente del Veneto, Luca Zaia. «Proposta suggestiva ma serve il consenso col governo» per il ministro Giancarlo Giorgetti. La linea di Forza Italia per il momento è di non commentare, anche se il vicepresidente Antonio Tajani nei giorni scorsi ha già invitato a concordare le iniziative col premier.

Voce fuori dal coro l'ex ministro leghista Roberto Castelli, che pensa a una manifestazione: «Fa benissimo ad andare se crede che possa servire per la pace. Dovremmo farlo tutti, sulla piazza Rossa. E magari Putin ci ascolterebbe». Salvini con la maglietta di Putin fatica a scomparire dall'immaginario e nonostante l'ex ministro dell'Interno abbia cercato di riequilibrare la propria posizione, il passato ritorna nel presente.

Resta vivo l'accordo siglato nel 2017 tra Russia unita, il partito di Putin, e la Lega, almeno secondo quanto dichiara al Corriere della Sera Sergey Markov, ex consigliere politico di Putin e direttore dell'Istituto di ricerche politiche di Mosca, che nell'intervista parla di Salvini come «il capo di un partito alleato», non esclude un colloquio con il presidente russo, anche se ritiene «più probabile» un incontro col ministro degli Esteri, Sergey Lavrov o con lo speaker della Duma. Il senso è ben sintetizzato dal titolo: «Ben venga uno come lui, leader di un partito amico. Va aperta una breccia». Markov definisce l'Ucraina «uno Stato terrorista» e sostiene che sia una precondizione del dialogo con la Russia accettare il punto di vista di Mosca. Condizioni assurde che si concludono così: «Se uno non può utilizzare l'auto, è obbligato a inforcare la bicicletta». Fuor di metafora, Draghi sarebbe l'auto e Salvini la bicicletta.

L'idea del segretario leghista, nonostante possa terremotare la maggioranza, non è considerata del tutto tramontata, anche se per qualche giorno è riposta in un armadio. Fonti ufficiali della Lega, riconducibili a Salvini, alzano anche il tiro contro il presidente del consiglio. «Bene il dialogo tra Mosca, Parigi e Berlino. Dispiace che Roma non sia stata coinvolta» è l'attacco a Mario Draghi, che a dire della Lega non avrebbe un ruolo decisivo.

Frasi che arrivano mentre il presidente del consiglio si trova a Bruxelles, attaccato dall'ipotesi di un viaggio a sorpresa del segretario di un partito della sua maggioranza a Mosca. Un viaggio pronto, con un piano in quattro punti, illustrato a tutta la stampa dal consigliere diplomatico personale di Salvini (e dell'ambasciata russa) Alberto Capuano: «Una sede neutrale dove riprendere i negoziati; Italia, Francia e Germania come garanti; cessate il fuoco; un'altissima personalità come garante morale».

Uno scenario «profondamente inquietante» per Enrico Borghi e Lia Quartapelle, responsabili Sicurezza ed Esteri del Pd, che domandano «come sia possibile che un piano di pace di un partito italiano possa essere scritto da un avvocato che presta consulenza all'ambasciata russa». Il Pd chiede che Salvini chiarisca a Draghi e al Parlamento. Il segretario Enrico Letta parla di «politica in una dinamica fuori da qualunque regola».

«Il problema non è se va ma se torna - ironizza Matteo Renzi - i problemi non li risolvono né lui né il Pd».

Il sindaco di Milano, Beppe Sala: «Se rimane un anno, lo porto in spalla». Salvini non arretra: «Perfino sulla ricerca della pace, valore supremo che dovrebbe unire tutti, il Pd con l'elmetto riesce solo a fare polemica».

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