Pranzo a riflettori spenti tra Mattarella e Meloni. "È tutto sotto controllo"

L'incontro "cordiale e collaborativo" di un'ora al Quirinale per fare il punto sulla manovra

Pranzo a riflettori spenti tra Mattarella e Meloni. "È tutto sotto controllo"
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E dopo Fitto? E la Ue? E la manovra? E gli immigrati in Albania? E tutte queste risse nella maggioranza? Felpatamente, anzi «cordialmente», il capo dello Stato chiede a Giorgia che aria tira a Palazzo Chigi e dintorni. Sergio Mattarella non è preoccupato, né pretende di «entrare nel dibattito tra i partiti», però vuole sapere bene che cosa succede. Si informa. Ascolta. Consiglia moderazione. La Meloni lo rassicura. «Tutto sotto controllo, presidente». Oggi infatti il nuovo vicepresidente della Commissione si dimetterà dal governo, lascerà il Pnrr italiano e, come spiega, «mi concentrerò sulle deleghe europee», che non è roba da poco, visto che dovrà gestire 377 miliardi, il 35 per cento del bilancio dell'Unione.

Un pranzo segreto al Quirinale mercoledì 27, un'ora assieme per fare il punto della situazione, proprio nel mezzo della tempesta che scuote il centrodestra, con la maggioranza che finisce sotto due volte al Senato. Siccome però in Italia il segreto non esiste, ecco che dopo qualche ora la notizia circola e la colazione istituzionale diventa un «normale incontro di lavoro». Per il Colle il faccia a faccia è «cordiale e collaborativo», per le fonti di maggioranza un colloquio «programmato da almeno una settimana, quindi non a sorpresa». Del resto, raccontano, i due si vedono spesso attorno a un tavolo, in particolare «in occasione di missioni all'estero di rilievo». Mattarella è appena stato in Cina, Meloni in Brasile e Argentina, poi l'Europa. Parlarsi direttamente e perciò «automatico». Tema del pranzo, secondo Palazzo Chigi, appunto «i viaggi internazionali, la prossima Finanziaria e un excursus sulle prospettive europee» dopo la faticosa nascita di Ursula due. La politica? Fuori dal menù. In realtà il capo dello Stato, negli ultimi tempi parecchio attivo e interventista, non rinuncia a scavare «nelle fibrillazioni» che scuotono la maggioranza e a fornire il suo parere istituzionale su alcune iniziative dell'esecutivo e della coalizione di centrodestra. Dal raddoppio del finanziamento ai partiti al tempo da concedere alle Corti d'Appello per organizzarsi sul decreto migranti, dal pacchetto sicurezza al dialogo con i sindacati fino ai rapporti burrascosi con la magistratura: di carne al fuoco ce n'è parecchia. E Mattarella ne parla, e precisa che le obiezioni arrivate dagli uffici del Colle non sono certo politiche, bensì procedurali. Lo scopo del Quirinale è quello di evitare strappi e contenere i dissidi tra i poteri della Repubblica, da qui il continuo richiamo a frenare lo scontro con le toghe. E poi, mettere tra le parti sociali, questo sì che è un punto considerato pericoloso. È un periodo difficile, gli animi si surriscaldano, le piazze si riempiono, si registrano violenze, la tenuta sociale della nazione può diventare a rischio. Per questo motivo nelle ultime settimane vediamo il presidente che cerca di parlare al Paese reale, moltiplicando gli appelli alla calma e al confronto. L'Anci, la Confesercenti, la Confartigianato, le Acli, persino Il Touring club. Mattarella incontra gente, sorride, va sul palco, tiene discorsi curati di persona, fa sentire la sua presenza.

La chiave, il filo rosso, è l'invito al dialogo, rivolto ai sindacati sul piede di guerra e alle opposte tifoserie parlamentari. Una spinta a una collaborazione istituzionale e alla consapevolezza «dei limiti» dei vari pezzi dello Stato, un richiamo a quel dovere repubblicano che lui è il primo a rispettare, quando gli capita di promulgare «anche le leggi che non mi piacciono», se non presentano problemi costituzionali o di copertura finanziaria. Il Parlamento vota ed è sovrano. Dietro, la necessità di fare squadra.

Un concetto che vale a Pechino quando difende il Made in Italy e al Quirinale quando riceve Raffaele Fitto prima dell'investitura, un segnale chiarissimo al Pd perché sostenesse il candidato italiano alla vicepresidenza esecutiva dell'Unione. In qualche modo ha funzionato.

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