Per un incredibile scherzo del destino, tra l'Italia di Mancini e il record assoluto di partite senza sconfitte (sarebbero 31) detenuto a pari merito con gli azzurri di Vittorio Pozzo c'è la nazionale austriaca.
Incredibile perché, non essendo esattamente una corazzata a livello calcistico, al Wunderteam l'Italia è legata da pochi ricordi di precedenti degni di nota. Uno è sicuramente l'1-0 con cui battemmo gli austriaci nell'esordio di Italia '90. Perché era il mondiale di casa, perché in quella partita si rischiò la figuraccia, e pure perché quel gol fu il primo dei 6 segnati da Totò Schillaci in quella rassegna che fece sognare una Nazione intera.
C'è un altro precedente, però, meno noto ma molto particolare, che vale la pena di riscoprire. Ed è legato proprio all'Italia di Vittorio Pozzo, quella degli anni '30.
Ai ricordi e ai racconti del ct sono riconducibili molti dei fatti relativi ad un Austria-Italia assolutamente inedito: la prima partita della storia ad essere sospesa per troppa violenza in campo.
Premessa: erano altri tempi. Tempi in cui i contatti fisici in campo erano tutt'altro che rari, non esisteva la Var, non si facevano le simulazioni, si terminavano le partite anche da infortunati.
Basterebbe questo per farsi un'idea del concetto di "troppa violenza".
Era il 21 marzo del 1937. Si giocava una partita di Coppa Internazionale davanti a 50mila spettatori. Pozzo raccontò che, al momento dell'ingresso in campo dell'Italia presso lo stadio Prater, i giocatori azzurri vennero da subito ricoperti di fischi, insulti, sputi e mele. Moltissime mele. La rivalità calcistica non c'entra nulla. L'astio riguarda, e molto, il contesto storico. L'Italia era reduce dalla vittoria nelle Olimpiadi di Berlino del '36, era una nazionale famosa in tutto il mondo e, soprattutto, arma di propaganda del Regime fascista. L'Austria, invece, era in odore di Anschluss, l'annessione alla Germania nazista che infatti avvenne un anno dopo. Con Francia e Inghilterra interessate più possibile a mantenere lo status quo e l'Italia come alleata dei tedeschi, ciò che videro gli austriaci in campo in quel momento fu, senza mezzi termini, un nemico della loro sopravvivenza. Paradossale, visto che fino a una ventina d'anni prima era l'Impero austroungarico a dominare su una parte d'Italia non ancora pienamente compiuta. Da qui, l'odio in campo.
Durante una partita maschia (per i canoni dell'anteguerra vuol dire escoriazioni varie, poche medicazioni, interventi discutibili a palla lontana) il clima non sembrò subire una escalation particolare. Fino al 40' del primo tempo, quando Camillo Jerusalem portò in vantaggio l'Austria fomentando la folla che, agli occhi dell'arbitro svedese, un certo Otto Olsson, non non vedeva l'ora di invadere il campo.
Già, il campo. Nel frattempo era diventata una trincea. E pochi minuti dopo, all'intervallo, Olsson cercò di invitare il ct Pozzo, un poliglotta, alla mediazione. Tutto fu vano.
Già al rientro in campo due azzurri, Gino Colaussi e Piero Pasinati, erano tecnicamente indisponibili. Strinsero i denti, ma il secondo tempo era una rissa continua. Al 63' Josef Stroh rincarò la dose portando a due le reti biancorosse, trasformando neanche a dirlo un calcio di rigore. Appena dieci minuti dopo, in un clima irrespirabile, Pietro Serrantoni stese con una scivolata killer lo scatenato Jerusalem. Entrambi rimasero a terra lacerocontusi. Il direttore di gara, impaurito, anziché sanzionare i calciatori fece qualcosa di incredibile. Disse qualcosa in tedesco stentato: "Questo non è calcio, e io sono un gentiluomo". Prese, senza alcun preavviso, la via degli spogliatoi sospendendo di fatto la partita e lasciando gli azzurri in balìa dei padroni di casa.
Pozzo li esortò a racimolare le ultime energie e guadagnare a passo svelto gli spogliatoi, sotto una pioggia di insulti se andava bene, oggetti di ogni tipo se andava male. I tumulti continuarono anche fuori dallo stadio, con imboscate tese ai tifosi italiani intenti a raggiungere gli autobus per far ritorno a casa.
Alla fine, fu la polizia a dover scortare gli azzurri verso la stazione.
Il risultato della partita non venne mai omologato e la Coppa Internazionale del 1936-1938 non venne mai terminata a causa delle già citate contingenza politiche. La federazione austriaca, però, quella vittoria la rivendica ancora e ne riconosce l'ufficialità: 2-0 per il Wunderteam.
Ma quelli, anziché gol, sarebbero dovuti contare come round.
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