Roma. Il rumore della pioggia spezza il silenzio assordante in una piazza San Pietro deserta, come non si era mai vista. Il Papa cammina a testa bassa, il volto provato dalla sofferenza, la voce tremante rotta dalla commozione; cala il tramonto sul colonnato del Bernini, illuminato da sei bracieri posti sul sagrato.
Francesco prende la parola, sembra parlare al vuoto. Ma parla al mondo intero, unito tramite i mezzi di comunicazione, in una preghiera mondiale che mette in comunione cristiani, musulmani, credenti e non. Un'invocazione straordinaria per implorare la fine della pandemia.
Alle spalle del Pontefice svetta l'immagine della Salus Populi Romani, l'icona bizantina della Madonna «Salvezza del popolo»: davanti a lei Francesco si ferma a lungo in preghiera. Dall'altro lato, il Crocifisso miracoloso del XV secolo conservato a San Marcello al Corso, portato in processione nel 1522 per invocare la fine della peste che colpì Roma. Il Papa bacia i piedi del Cristo in croce. La figura bianca e zoppicante dell'anziano Papa argentino solca le scale che portano al sagrato. Ascolta, Bergoglio, la lettura del Vangelo. Poi prende la parola. Quasi in un dialogo personale con Dio. «Ci chiami a cogliere questo tempo di prova dice il Papa - come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri». «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città prosegue - si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell'aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti». Avvisa Francesco: «Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ego sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l'appartenenza come fratelli. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato». Infine il grido a Dio: «Ti imploriamo: Svegliati Signore! Non lasciarci in balia della tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi».
Affaticato e sofferente Francesco entra nella Basilica Vaticana e prega a lungo in silenzio davanti al Santissimo Sacramento: lo sguardo fisso sull'ostia esposta sull'altare.
Poi prende l'ostensorio, quasi a caricarsi i peccati del mondo intero, e impartisce la benedizione Urbi et Orbi, alla città e al mondo.Al rintocco delle campane, Francesco si allontana. Continua a scendere la pioggia. Una pioggia che sembra quasi mondare i peccati: è l'immagine più potente della giornata.
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