All'indomani del commissariamento dell'ex Ilva, per la prima volta dopo mesi, la premier Giorgia Meloni detta la linea e chiarisce che il polo siderurgico «non sarà nazionalizzato» e che il modello da seguire è quello adottato nel salvataggio di Montepaschi di Siena.
Per l'ex Ilva «mi piacerebbe fare una cosa simile a quella fatta per Mps», ha detto ieri sera a Porta a Porta spiegando che «per anni lo Stato italiano ci ha messo i soldi in una situazione drammatica poi, a un certo punto, dopo il risanamento, la banca ha ricominciato a fare utili. Adesso lo Stato ha venduto una parte delle sue quote, e quindi i cittadini hanno visto rientrare una parte di quei soldi che avevano speso per salvare al tempo la banca. Piano piano lo Stato uscirà e io vorrei fare a Taranto una cosa che è simile a quella che abbiamo fatto sul Montepaschi Siena: dimostrare che siamo consapevoli della forza che questa azienda può avere». Il salvataggio di Mps avvenne nel 2017. Gli aiuti di Stato in questione furono 5,4 miliardi e servirono per la ricapitalizzazione precauzionale della banca sulla base dell'accordo di massima sul piano di ristrutturazione raggiunto dalla commissaria Margrethe Vestager e dall'allora ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan.
Il contributo da parte dei privati, cioè azionisti e obbligazionisti subordinati, fu di 4,3 miliardi. Dopo anni di difficoltà la banca è stata risanata anche grazie a un nuovo aumento di capitale da 2,5 miliardi a fine 2022 (1,6 miliardi la quota del Mef) e quest'anno è tornata a distribuire dividendi.
Il Tesoro a novembre ha venduto il 25% per 920 milioni e potrebbe tornare sul mercato a stretto giro (la quota restante è del 39,2%).Quanto all'Ilva, l'idea è quella di un impegno finanziario dello Stato che sarà ripagato dal graduale ingresso di soci privati: alla finestra ci sono Arvedi, Duferco, Marcegaglia e Metinvest.
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