Premierato e giustizia, il rebus delle riforme. "Giorgia non vuole confusione fra i due temi"

Sull'elezione diretta del premier Meloni punta tutto. Ma attenti alla maledizione del "6"

Premierato e giustizia, il rebus delle riforme. "Giorgia non vuole confusione fra i due temi"
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Sarà perché il Paese ha un bisogno vitale di riforme annunciate, presentate, magari anche approvate ma poi abortite in un referendum o finite su un binario morto. O, ancora, sarà perché l'argomento nel tempo è diventato anche uno strumento di propaganda, di distrazione o un alibi quando la situazione economica si fa complicata. Resta il fatto che dopo tanta attesa in questa legislatura un governo che deve dare tante risposte non può non mettere in cantiere tante riforme, al punto da creare una sorta di ingorgo: c'è la riforma dell'autonomia, la riforma che introduce il premierato e la riforma della giustizia. Troppe per essere condotte tutte contemporaneamente in porto. Così piano piano si sta definendo una sorta di classifica delle priorità. Sull'autonomia la Lega non transige e Matteo Salvini è pronto a dare fuoco alle polveri pur di averla. Anche perché il continuo «stop and go» del leader leghista nel rapporto con il governo ha creato - a sentire la maga dei sondaggi Alessandra Ghisleri - una strana atmosfera nell'elettorato del Carroccio: una metà guarda con simpatia l'esecutivo, l'altra no.

Poi c'è la riforma istituzionale con il fiore all'occhiello dell'elezione diretta del Premier su cui Giorgia Meloni sta puntando tutte le sue fiches. Per il Premier è la sfida delle sfide, quella a cui subordina ogni altro obiettivo. Tanto più che lo sbocco referendario - visto l'atteggiamento delle opposizioni - è di fatto inevitabile. E dato che il duello è periglioso, la Meloni non vuole interferenze nella probabile campagna referendaria, vuole che gli elettori si concentrino su una sola domanda: sono i cittadini che debbono decidere direttamente la persona che deve governare o no? Ragion per cui ha fatto capire al ministro della giustizia Carlo Nordio che la riforma della giustizia si può anche un minimo rallentare. Appunto, per non creare ingorghi che disorientino l'elettorato. «Giorgia non vuole - ha confidato il Guardasigilli ai suoi collaboratori - che ci sia confusione».

Ma le priorità del Premier sono anche quelle dell'opinione pubblica? A sentire maga Ghisleri no. Le urgenze sono altre: il 45,1% degli italiani considera primaria la riforma fiscale; il 18,6% quella delle pensioni; il 17,8% quella della giustizia; e appena il 5,7% pensa all'elezione diretta del Premier. Insomma, per ora i cittadini pensano ad altro. Anche perché sono bombardati da notizie che rimarcano quanto, ad esempio, il tema della giustizia sia sensibile non solo da noi. Basta pensare che in Portogallo uno sbaglio nell'interpretazione di un'intercettazione telefonica, dovuto all'omonimia tra il premier portoghese e il ministro dell'economia, ha provocato un mezzo disastro: il capo del governo è stato costretto alle dimissioni, si è messo in moto il meccanismo delle elezioni anticipate e solo dopo si è preso atto che era tutto frutto di un errore.

Inoltre c'è un dato che non va sottovalutato, il segnale che dimostra quanto il duello sul premierato nasconda non poche insidie. Finora le opposizioni sono sempre state divise. Sabato scorso, invece, alla manifestazione promossa dal Pd contro il governo si sono ritrovate tutte, a cominciare dai grillini (a parte i centristi) a sparare contro il premierato. Un no che è diventato il collante per tutti quei mondi che congiurano contro la Meloni. Insomma, ci vuole prudenza visto che probabilmente si arriverà a referendum nel 2026.

«E lì bisogna stare attenti - azzarda maga Ghisleri - alla maledizione del 6. Nel 2006 Berlusconi perse il referendum Costituzionale, Nel 2016 Renzi ebbe la stessa sventura. Ora bisogna vedere se nel 2026, dieci anni dopo, la Meloni riuscirà sfatarla».

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