Giorgia Meloni è stata fin troppo chiara. «Sarà la mia eredità», ha detto durante la conferenza stampa di fine anno a proposito del presidenzialismo. Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministro delle Riforme istituzionali, ci ha messo il carico da novanta in un'intervista a La Stampa: «È chiaro che le riforme costituzionali andrebbero fatte sempre tutti insieme, ma è altrettanto chiaro che se l'opposizione non ci sta, allora le faremo a maggioranza». Anche a Palazzo Chigi, gli uomini più vicini a Meloni, non escludono una legge di iniziativa governativa per introdurre l'elezione diretta del Capo dello Stato. L'alternativa potrebbe essere l'istituzione di una commissione Bicamerale ridotta, istituita con legge ordinaria, che sarebbe chiamata soltanto a fare l'istruttoria sulle riforme, ma senza il voto su un testo base. Insomma, il centrodestra tira dritto sul presidenzialismo. E sul punto la compattezza di Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega appare granitica.
L'obiettivo della maggioranza è arrivare, in ogni caso, all'elezione diretta del Presidente. A partire da questo mese cominceranno gli incontri con le opposizioni, perché - come ha spiegato Meloni - «le regole si scrivono insieme», ma «non sarò così sprovveduta da non capire atteggiamenti dilatori», ha avvertito il premier. Il modello di riforma potrebbe essere imperniato su un sistema con il doppio turno simile a quello francese. Una soluzione che potrebbe aprire crepe all'interno del Terzo Polo e forse anche nei corridoi caotici del Nazareno, sede del Pd. Ed ecco che il presidenzialismo, grande scommessa del centrodestra, comincia già a dividere le opposizioni.
Infatti, a fronte di una maggioranza coesa, Azione-Italia Viva, Cinque Stelle e Pd si muovono in ordine sparso, pur rivendicando a parole la loro contrarietà alle riforme. Emergono le prime contraddizioni nel Terzo Polo. Durante la sua dichiarazione per la fiducia al Senato, il 26 ottobre scorso, Matteo Renzi aveva seminato lo scompiglio nel centrosinistra. «Se il centrodestra ci sfida sul presidenzialismo, noi ci siamo», le parole scolpite in Aula dal leader di Iv. Allora da Calenda (nella foto) non era arrivato nessun distinguo. Cambia la musica con l'anno nuovo. Il frontman dei terzopolisti, pressato dalle indiscrezioni su una convergenza con il centrodestra, reagisce su Twitter. Sfrutta il discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella e chiude le porte: «Il discorso di Mattarella è stato lodato dai politici di ogni schieramento. Ed è questa la ragione per cui il presidenzialismo sarebbe un grave errore. La Presidenza è l'unica istituzione che riesce a tenere insieme gli italiani». Renzi tace, i renziani mugugnano: «Dobbiamo parlare con il governo, non fare la stampella del Pd».
Dal canto loro, i grillini sono per un no secco al presidenzialismo. Tanto da essere arrivati a parlare, con l'ex Pm e ora senatore Roberto Scarpinato, di «sogno neofascista». Giuseppe Conte, invece, ha definito la proposta come «velleitaria». Nel Pd in fase congressuale domina la confusione. Memori della Bicamerale di Massimo D'Alema, alcuni riformisti non escludono un confronto. Ma il senatore Dario Parrini a inizio novembre ha presentato una proposta di legge sul cancellierato «alla tedesca».
Enrico Letta in campagna elettorale si era detto decisamente contrario al presidenzialismo. Dunque per il Pd è ancora un no. Ma la mossa è ispirata più dalla paura di essere fagocitati dal M5s che dai contenuti. Intanto il centrodestra vuole tirare dritto. I numeri ci sono, con o senza opposizioni.
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