Preso attentatore: voleva colpire il Vaticano

A trent'anni aveva già sulle spalle uno dei più sanguinosi attentati mai compiuti in Pakistan. E nel 2010 il suo nome compare tra i terroristi che progettavano di attuare una strage in Vaticano. Un curriculum vitae di tutto rispetto, quello di Siyar Khan, pakistano di 36 anni, arrestato due giorni fa dalla Digos di Sassari, che lo ha sorpreso mentre sbarcava all'aeroporto di Fiumicino con un volo proveniente da Islamabad.

L'uomo è tra i presunti esecutori della carneficina compiuta il 28 ottobre 2009 al mercato di Peshawar, tra le più sconvolgenti nella storia del nordovest del Pakistan. Un'autobomba fatta esplodere dai terroristi, infatti, causò la morte di 137 persone, per lo più donne e bambini, e duecento furono i feriti. I talebani del Pakistan e al Qaida hanno sempre negato ogni responsabilità in relazione all'agguato messo a segno proprio mentre l'allora segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, iniziava la sua visita a Islamabad.

Ma in Pakistan nessuno fino a oggi è riuscito a dimenticare quel massacro e lo dimostrano il risalto che i media locali, da The News a Dawn , da Geo a The Express Tribune , hanno dato a una cattura tutta italiana.

Khan il 24 aprile scorso era riuscito a sfuggire alla prima ondata di arresti eseguiti su disposizione della Dda di Cagliari. Ad Olbia erano finite in manette diciotto criminali, tra pakistani e afghani, appartenenti a un'organizzazione transnazionale attiva soprattutto in Italia con il compito di finanziare le principali organizzazioni internazionali.

I dettagli dell'arresto sono stati illustrati ieri a Sassari dal questore Pasquale Errico e dal dirigente della Digos Mario Carta, che hanno operato in collaborazione con la Digos di Roma e la polizia di frontiera di Fiumicino. Secondo gli investigatori Khan aveva il compito di sistemare i nuovi arrivati e nel 2010 avrebbe fornito supporto logistico nella Capitale e in Sardegna al kamikaze che, come già noto, doveva mettere in atto un attentato suicida a Roma, forse in Vaticano, poi saltato grazie all'attività della polizia. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche risulta infatti che i terroristi avevano progettato un attacco e fra le ipotesi più accreditate c'era quella di infiltrarsi «tra i fedeli a San Pietro». Nelle registrazioni agli atti, che risalgono a cinque anni fa, più volte i qaidisti parlano appunto di «disastro imminente» e «male per tante persone». Risulta poi che il presunto kamikaze, tale Tanvir, sarebbe transitato anche per Olbia, con il sostegno di Khan.

Dalle registrazioni appare però che l'uomo più volte aveva creato problemi ai referenti locali dell'organizzazione criminale, perché si comportava in maniera «non adeguata». Ad esempio, risulta che poco prima di mettere in atto l'attentato poi saltato, aveva frequentato prostitute e gli olbiesi di Al Qaeda erano preoccupati del rischio che potesse morire «impuro».

Le attività investigative, però, avevano messo in allarme i terroristi, che parlavano in codice di «visite degli zii», riferendosi alla polizia.

Per questo avevano rimodulato gli arrivi degli affiliati. Khan due giorni fa è stato rinchiuso nel carcere di Civitavecchia e sarà chiamato a rispondere di strage e terrorismo internazionale, oltre che di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica