Secondo i briefing della vigilia, il vertice Usa-Ue di Washington doveva mostrare uno «stretto allineamento» tra i due blocchi sulle due crisi geopolitiche che l'Occidente si trova ad affrontare, l'Ucraina e il Medioriente. E così è stato. Se nel sostegno a Kiev non ci sono tentennamenti, era sul nuovo conflitto Israele-Hamas che potevano emergere i distinguo. Di fronte alle «enormi sfide» il mondo «ha bisogno di una forte alleanza Usa-Ue» e «Israele ha il diritto di difendersi, in linea con il diritto umanitario internazionale», hanno ripetuto sia Ursula von del Leyen che Charles Michel, nello scambio di battute con Joe Biden. Posizioni allineate anche sulla «visione condivisa» secondo cui la «soluzione a due Stati resta la strada percorribile verso una pace duratura», come si legge nel comunicato finale.
Il presidente Usa, nel suo messaggio alla nazione di giovedì sera, aveva accostato Hamas alla Russia di Putin, attribuito definitivamente ai terroristi palestinesi la responsabilità della strage nell'ospedale al-Ahli di Gaza City e esortato l'America a fare fede al suo rinnovato ruolo di guida dell'Occidente, a conferma di questa visione, la richiesta inviata al Congresso di 106 miliardi di dollari per il sostegno a Kiev, Israele e Taiwan. Sia Biden che la Ue (versione von der Leyen) sono stati costretti, dalle pressioni politiche interne (l'ala progressista Dem per Biden e le diverse sensibilità dei 27 per von der Leyen) e dall'evoluzione della situazione sul terreno nella Striscia, a rimodulare in parte il proprio messaggio iniziale. Insieme all'appoggio incondizionato a Israele è emersa chiara la necessità che lo Stato ebraico, nel suo legittimo diritto a difendersi, tenga conto del «diritto internazionale» e delle «esigenze umanitarie» della popolazione di Gaza. Posizioni che certo non hanno placato la rabbia delle piazze pro-palestinesi, ulteriormente eccitate dall'appello del capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshal, che ha esortato il mondo arabo a «proteggere Gaza». Appello rilanciato dal ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, in una telefonata al collega algerino Ahmed Attaf. La sensibilità occidentale per i civili di Gaza non ha però fermato i lanci di razzi delle milizie sciite alleate di Teheran contro le basi Usa in Siria e Irak, né quelli diretti su Israele fatti partire dallo Yemen dai ribelli Houthi, guidati da Teheran in chiave anti saudita. Per il momento, ancora schermaglie, dopo il monito a non intervenire lanciato da Biden e rafforzato dalla presenza nella regione delle due squadre d'attacco delle portaerei Ford e Reagan.
Qualche spiraglio per le vittime civili del conflitto si è scorto nelle ultime ore. Mentre Hamas annunciava la liberazione dei due ostaggi statunitensi, lo stesso Biden anticipava l'impegno di Israele e dell'Egitto a «riaprire il valico di Rafah nelle prossime 24-48 ore», con i primi tir di aiuti umanitari pronti ad entrare nel sud della Striscia. Una soluzione per la quale si è speso anche il premier britannico Rishi Sunak, che al Cairo ne ha discusso con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e il presidente dell'Anp Mahmoud Abbas.
Di possibile «genocidio» dei civili palestinesi parla invece il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che chiede a Israele di «fermare immediatamente» le operazioni a Gaza, mentre al Cairo si apre oggi il vertice internazionale con i leader dei principali Paesi arabi, del segretario generale dell'Onu Guterres e dei rappresentanti dell'Ue, al quale partecipa anche la premier Giorgia Meloni.
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