La mia conversione dall'islam al cristianesimo si è concretizzata quando c'è stato il concorso di tre fatti: la forza della persuasione insita nel contenuto dei Vangeli, il testo sacro del cristianesimo che racconta la vita di Gesù; il fascino del carisma di autentici testimoni di fede cristiana che hanno saputo coniugare in modo armonioso la verità che affermano, i valori in cui credono, le opere buone che compiono; la constatazione della negatività e dell'incompatibilità sul piano della ragione e della morale naturale dei contenuti dell'islam, che corrispondono a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e ha fatto Maometto. Sin da bambino mi piaceva scrivere e leggere, e nel contesto della mia crescita in collegi cristiani cattolici, pur essendo nato musulmano, da genitori musulmani e in un Egitto a maggioranza islamica, i Vangeli erano la mia lettura preferita. Amavo le parabole di Gesù che, anche al di là della fede, sono delle perle di saggezza umana. Nutrivo ammirazione per gli insegnanti religiosi e laici, che ispirandosi all'esempio di Gesù, si prodigavano per fare il bene di noi bambini a prescindere dal fatto che fossimo cristiani, musulmani o ebrei, italiani, egiziani o di altra nazionalità. Solo a 56 anni, dopo essere stato il musulmano che più di altri si era impegnato per affermare in Italia un «islam moderato», di fronte a delle condanne e minacce di morte da parte di altri musulmani che ottemperano letteralmente e integralmente al Corano e a Maometto, mi sono arreso prendendo atto che i musulmani come persone possono essere moderati, se sono sostanzialmente laici, ma che l'islam come religione non è moderato.
Fu così che, dopo aver deciso di liberarmi dall'islam, nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008 ebbi il dono immenso di ricevere il battesimo, la cresima e l'eucarestia dalle mani del Papa Benedetto XVI, il Papa che più di altri ha incarnato il sodalizio armonioso di fede e ragione, che da musulmano ammirai quando il 12 settembre 2006 a Ratisbona disse la verità in libertà sull'islam, denunciando la violenza perpetrata da Maometto e sostenendo che se una fede è in contrasto con la ragione non è una vera fede.
Confrontando la mia esperienza a quella di Silvia Romano, assumendo i tre parametri a cui ha fatto riferimento la mia conversione, quella di Silvia alias Aisha mi lascia perplesso. Per quanto concerne il Corano, il testo sacro dell'islam, che lei dice di aver richiesto e letto in una traduzione in italiano, non è credibile che possa averle ispirato una «conversione spontanea». Oltre ad essere un testo difficile da comprendere perché scritto in modo involuto con dei contenuti che si susseguono senza un filo logico e si ripetono in modo insensato, è indubbio che nel Corano Allah, che è un dio pagano preesistente all'islam, ordina l'odio, la violenza e la morte nei confronti dei miscredenti, che sono tutti i non musulmani. Per quanto concerne i suoi carcerieri, che lei esalta sostenendo che l'hanno trattata bene e che assumerebbero il ruolo dei testimoni che attesterebbero la bontà dell'islam, si tratta di terroristi islamici somali di Al-Shabab, responsabili di stragi efferate di cristiani e di musulmani che non si sottomettono al loro potere sanguinario.
Infine, per quanto concerne l'abbandono della precedente fede, non so se prima di convertirsi all'islam Silvia alias Aisha fosse atea, agnostica o se avesse il dono della fede in Dio, così come non so se fosse cristiana solo formalmente o se praticava il culto in modo consapevole e convinto. Ma è indubbio che il cristianesimo è del tutto compatibile con la morale naturale, si fonda sull'amore del prossimo, contempla il sodalizio di fede e ragione. Così come è difficile immaginare che una giovane tra i 23 e i 25 anni possa liberamente rinnegare una civiltà laica, che garantisce la pari dignità tra uomo e donna, per abbracciare una religione maschilista e misogina che concepisce la donna come un essere antropologicamente inferiore che vale la metà dell'uomo.
Lo stesso nome islamico scelto, Aisha, è quello della moglie-bambina prediletta di Maometto, che lui sposò nel 630 quando aveva 50 anni e lei appena 6 anni. Per l'insieme di queste ragioni non credo affatto che la conversione all'islam di Silvia Romano possa essere stata spontanea e libera.
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