Fino a ora l'aviaria era stata confinata come una malattia di nicchia, colpiva operatori che trattavano pollame o bovini.
Un virus pericoloso soprattutto per la moria degli animali infetti ma che ha infettato sporadicamente l'uomo in contatto stretto con il bestiame.
Ora qualcosa è cambiato, il virus H5 ha fatto un salto di qualità e per la prima volta ha contagiato un uomo che non ha mai avuto alcun contatto con animali infetti.
Il paziente numero uno, è un adulto americano che vive nel Missouri. In agosto è stato ricoverato in ospedale perché presentava sintomi di una pesante influenza, è stato curato con antivirali e rimandato a casa senza più sintomi. Solo alcuni esami di laboratorio successivi hanno fatto emergere il brutto primato: il primo caso umano di influenza aviaria A (H5) che sia stato rilevato senza nessun contatto con animali.
La notizia, che ha già fatto il giro del mondo, è stata diramata dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie e i servizi sanitari del Missouri, territorio in cui, peraltro, non vi sono state infezioni da H5 nel bestiame e solo rari casi tra volatili. Gli altri contagi registrati negli Stati Uniti hanno interessato solo agricoltori, compreso il primo, nel 2022.
«È il 14esimo caso umano di influenza aviaria H5 negli Usa ma il primo che secondo le autorità non ha avuto contatti con nessun tipo di animale si legge nel report Cdc . Nel Missouri non sono stati segnalati focolai di H5 nei bovini, ma nel 2024 focolai di H5 in allevamenti di pollame commerciali e da cortile. In passato in quello stato l'influenza aviaria H5N1 è stata rilevata negli uccelli selvatici».
E ora cosa c'è da aspettarsi? È un caso isolato o un fenomeno emergente? Gli esperti, per il momento usano la dovuta cautela, ma non nascondono preoccupazione per scenari futuri. Massimo Ciccozzi, epidemiologo e responsabile dell'Unità di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare all'Università Campus Bio-Medico di Roma, è uno degli esperti italiani che ha seguito l'evoluzione e i rischi dell'influenza aviaria. «Oggi l'influenza aviaria spaventa molto più del Covid o del Mpox spiega -. Con l'epidemia che continua negli allevamenti intensivi dei bovini negli Usa credo che il salto di specie non sia così lontano. Il caso H5 del Missouri fa un po' preoccupare ma non abbiamo la neuraminidasi, cioè non sappiamo ancora se è H5N1 o un altro N. C'è una sirena che deve farci stare in guardia e per il momento non c'è nessun allarme per l'Italia».
In sostanza, i virologi prima di sbilanciarsi, vogliono studiare il genoma del virus isolato nel caso del Missouri per capire se ci siano mutazioni significative che possano spiegare la trasmissione senza contatto animale.
Ma anche Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'Ospedale San Martino di Genova, non è ottimista. «Se è vero che quello che dicono i Cdc - e non ho dubbi - quella che arriva dagli Usa non è una bella notizia. Aspettavamo solo il quando l'influenza aviaria si sarebbe trasmessa da uomo a uomo e mi pare che questo caso potrebbe esserlo. Ora aspettiamo altre certezze su questa vicenda, ma prima o poi l'influenza aviaria sarà un problema globale, e andrà affrontata. Questo virus si sta avvicinando progressivamente all'uomo ed è più vicino di quanto possiamo pensare».
Un'altra pandemia all'orizzonte dunque? Senza fare allarmismi c'è solo da dire che, se confermata, la trasmissione da persona a
persona potrebbe segnare un cambiamento significativo nella dinamica di diffusione del virus e dunque far aumentare il rischio di focolai più estesi. E se il virus mutasse ulteriormente, potrebbe diventare più contagioso.
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