Il professor Riccardo Soffietti di Torino

Da ieri i cattolici stanno con il fiato sospeso. La notizia che si rincorre in queste ore, secondo cui il Papa avrebbe un tumore benigno al cervello, ha sconvolto i fedeli di tutto il mondo, nonostante le smentite giunte a più riprese da parte di fonti vaticane.

La parola «tumore», purtroppo, fa paura sempre, e terrorizza quando viene accostata a «cervello». C'è un abisso, però, tra quelli benigni e maligni. Il professor Riccardo Soffietti, dirigente della Divisione di Neuro-Oncologia dell'Università di Torino e dell'azienda ospedaliera Città della Salute e della Scienze della stessa città, ci introduce in un universo dove nessuno vorrebbe mai entrare.

«Innanzi tutto va fatta una prima netta distinzione - sottolinea l'esperto - tra i tumori cerebrali primitivi e quelli secondari, ovvero metastasi che provengono dal cancro partito inizialmente in un altro organo. Parlando di primitivi possono essere sia maligni, e quindi sono necessarie oltre al trattamento chirurgico anche terapie post-operatorie come chemio e radio, sia biologicamente benigni, ovvero guaribili quasi sempre solo con la neurochirurgia».

Tra i peggiori ci sono i gliomi, che prendono origine dalle cellule normali del cervello e sono il 50 per cento dei maligni. Vengono suddivisi in quattro gradi secondo la classificazione che è stata fatta dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il glioblastoma di grado 4 ha una prognosi infausta: sottoposti a neurochirurgia, chemio e radio la metà dei pazienti vive un anno e mezzo, al massimo 5 e solo uno su cinquemila arriva a dieci anni. Se scendiamo al grado 3, invece, l'impatto delle terapie è maggiore e il malato può resistere da 5 a 15 anni. Ma solo un 30 per cento riesce a guarire.

«Tremendi anche i linfomi cerebrali - spiega il professor Soffietti, che è anche presidente della Società Europea di Neuro-Oncologia - le guarigioni sono occasionali è l'aspettativa di vita è cinque anni. Quando il cancro è secondario, poi, aver ragione delle metastasi cerebrali è difficile e serve una cura più articolata, perché deve essere collegata a quella per il tumore primitivo. Diverso il quadro, invece, per quando si parla di benigni, anche se nel campo dei tumori cerebrali non è possibile in assoluto distinguere tra questi e i maligni. Diciamo, però, che tra i “buoni” ci sono i meningiomi: nel 60 per cento dei casi si annientano con l'intervento e nel quaranta, se si ripresentano, si vincono chirurgicamente o con cicli di chemio o radioterapia. La mortalità è comunque bassissima».

C'è poi l'adenoma, tumore ghiandolare che prende origine dall'ipofisi, una ghiandola inserita nel cervello. «Nel 90 per cento delle volte - conclude Soffietti - si guarisce dopo l'operazione. Solo una bassa percentuale viene trattata con la radioterapia e la chemio, mentre per il prolattinoma bastano solo terapie farmacologiche che lo fanno “addormentare”».

A 10 anni dalla scoperta del «male», quindi, la sopravvivenza per chi ha un linfoma o

un glioblastiona di grado 4 è zero, mentre è del 50 per cento per i glioblastiomi di grado 3. I soggetti colpiti da meningioma, invece, nel 70 per cento dei casi guariscono, anche se possono avere qualche ricaduta tardiva.

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