Il piano B a cui lavora il governo Draghi, nell'ipotesi in cui la variante Omicron cominci a circolare a ritmi pericolosi, si compone in 4 punti: stretta alle frontiere, obbligo mascherina, accorciamento dei tempi di validità del green pass e spinta alle terze dosi. Sullo sfondo, al momento considerata come ipotesi più remota, l'idea di introdurre l'obbligo vaccinale per i lavoratori della pubblica amministrazione.
Vinta la partita al Consiglio europeo, dopo l'irritazione della commissione Ue per l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza sull'obbligo del tampone (negativo) per chi arriva dall'estero, Draghi tiene sul tavolo il piano di riserva o emergenza per contrastare la pericolosa e rapida diffusione della variante Omicron. Per ora, l'Italia tiene e gode di un quadro epidemiologico leggermente migliore rispetto a Gran Bretagna, Austria, Spagna, dove Omicron dilaga. Per il Natale il governo non adotterà ulteriori restrizioni: ieri nel corso del vertice al Viminale è stato affrontato il tema delle feste di piazza nel giorno di Capodanno e degli assembramenti nelle strade dello shopping. Oltre a un rafforzamento della presenza degli agenti in strada per i controlli, sarà attribuito a Regioni e Comuni il compito di predisporre eventuali strette in occasioni di concerti e feste.
In Campania il governatore Vincenzo De Luca ha già disposto il divieto per il Capodanno in piazza del Plebiscito. Ma non è il Natale a spaventare l'esecutivo. Palazzo Chigi lavora al piano che potrebbe essere messo in campo qualora la situazione precipitasse per effetto della variante Omicron. Nella conferenza di fine anno, anticipata al 22 dicembre, il presidente del Consiglio Draghi spiegherà la ragioni della proroga dello stato di emergenza: decisione collegata alla diffusione della variante. Nessun catastrofismo. Il piano però c'è. Quattro i punti. Il primo già messo in campo: obbligo del tampone negativo anche per vaccinati e guariti che arrivano in Italia. L'ordinanza di Speranza è valida fino al 31 gennaio. Ma nel piano del governo c'è la proroga fino al 31 marzo. Mossa per limitare la circolazione in Italia della variante. Secondo punto su cui si lavora, sia sul fronte interno che su quello europeo, è quello di accorciare il periodo di validità del pass vaccinale. Se il numero dei contagi dovesse salire velocemente, la validità del green pass dovrebbe scendere a 5 mesi: «Dopo 5 mesi il Green pass perde ogni giorno un po' di validità rispetto alla circolazione del virus. Se fossimo in una situazione di bassa circolazione non sarebbe un problema, ma in un momento di alta circolazione come questo bisogna anche pensare di ridurre la durata del pass», spiega a «Buongiorno» su Sky TG24, Guido Rasi, ex direttore esecutivo Ema e consulente del commissario straordinario per l'emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo.
Su questo punto si lavora anche sul fronte europeo: l'idea è di unificare il periodo validità per tutti i Paesi Ue. Terza misura che il governo valuta di adottare nel piano B è la reintroduzione dell'obbligo dell'uso della mascherina all'aperto. Il tema è già stato messo sul tavolo nell'ultimo Consiglio dei ministri: l'opzione è stata congelata. Ma potrebbe ritornare come arma per neutralizzare la circolazione della variante. Quarto e ultimo punto del piano è la spinta decisiva alle terze dosi: chiudere il ciclo vaccinale. Spingere sulla vaccinazione per evitare che il virus rialzi la testa. Sul fronte delle cure, le pillole anti-Covid saranno presto disponibili in Italia da gennaio.
Il piano prevedeva anche un quinto punto: tampone negativo per vaccinati e guariti che accedono ai grandi eventi. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa toglie l'opzione dal tavolo: «Non è un tema sul tavolo del ministero. Ritengo che il super Green pass si un elemento di sufficiente tutela».
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