L'ennesimo psicodramma dem si consumerà domani a Palazzo Madama, con l'elezione del nuovo presidente del gruppo. Se a Montecitorio il passaggio di consegne chiesto da Enrico Letta (con la «copertura» della questione di genere e la richiesta di due donne capogruppo) sarà più indolore, perché il presidente dei deputati Graziano Delrio ha dato la sua «massima disponibilità» a farsi da parte per eleggere al proprio posto una donna, al Senato Andrea Marcucci, dopo l'assemblea di gruppo col segretario, ha fatto sapere che valuterà nelle prossime ore se ricandidarsi o meno, e non ha risparmiato a Letta critiche politiche, ricordando i momenti «drammatici» della scissione renziana (e lui di Renzi è amico personale, oltre ad esserne stato supporter della prima ora nel partito) e la scelta di tanti come lui «di restare con convinzione nel Pd. Eppure - ha sottolineato - qualcuno ha continuato a chiamarci corpo estraneo, dentro il nostro partito». Parole analoghe a quelle usate da molti altri esponenti dell'ala riformista ex renziana: «Non ci piace l'epiteto ex che è stato usato in modo negativo nei nostri confronti», dice Emanuele Fiano. «La parità di genere non può essere l'alibi per una punizione politica», hanno ripetuto in molti. E Marcucci non ha risparmiato una battuta pungente: «Per coerenza, bisognerebbe interrompere anche la tradizione di avere sempre segretari uomini».
Ma l'esito della partita è già scritto, lo stesso Letta a sera si dice «ottimista» sulle conclusioni e parla di «clima franco ma costruttivo». E nel colloquio a quattrocchi avuto con Marcucci prima della riunione di gruppo è stato prodigo di riconoscimenti per il lavoro svolto. Ai parlamentari si è rivolto con accenti accorati: «Vi chiedo di aiutarmi, evitiamo di stare sui giornali settimane per questioni interne». E ancora: «Fidatevi di me, sono tornato per scrivere insieme a voi un pezzo di storia del paese». E in un passaggio rivelatore, Letta ha fatto capire qual è uno dei principali snodi cui guarda, anche in funzione degli organigrammi interni: «L'elezione del nuovo capo dello Stato sarà un momento cerniera per il paese, anche per questo abbiamo bisogno di gruppi ben coordinati: non possiamo sbagliare».
Il nome della futura capogruppo in Senato sarà scelto da Base Riformista, la componente di Marcucci, Guerini e Lotti, e in pole position c'è Simona Malpezzi (che libererebbe un posto al governo). Alla Camera dovrebbero giocarsela Debora Serracchiani e Marianna Madia. Intanto Letta prosegue il suo giro di incontri, e ha annunciato che oggi vedrà Giuseppe Conte, che in attesa di prendere l'ambito posto di Vito Crimi si trova al momento alle prese con la guerra di carte bollate tra Casaleggio e Grillo, che ha trovato il modo di ottenere una consulenza legale gratuita grazie all'ex premier.
Conte è ansioso di proporsi come interlocutore politico principale per il nuovo segretario Pd, e iniziare a studiare le possibili mosse comuni in vista delle Amministrative. Nel frattempo, al Senato si consuma il silenzioso dramma del Gruppo Europeista, fondato - inutilmente - da vari transfughi per salvare il governo Conte e che ieri ha perso due senatori, e sta per saltare.
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