Pugno duro della Rai ma solo con Lippi

Silurato per le parole (smentite) contro Fazio e lobby gay. Dopo anni di comizi tv di parte

Pugno duro della Rai ma solo con Lippi
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Tribunale rapidissimo e inflessibile per chi in Rai parla in modo sconveniente di Fazio, Littizzetto, Annunziata e del mondo Lgbt. In altre occasioni e per bersagli di diverso orientamento politico (magari di centrodestra, oggetto per decenni di satira e talk show militanti in Rai) la tv di Stato non era stata così severa come con Claudio Lippi, colpevole di una uscita - da lui poi smentita in parte - molto tranchant sui due conduttori usciti volontariamente dalla Rai in polemica contro il governo di centrodestra. Fazio è un intoccabile, la Annunziata altrettanto, sul mondo Lgbt poi bisogna misurare ogni parola sennò finisce male, chi sbaglia paga, anche nella Rai che invece è indulgente a parti politiche (e sessuali) inverse. Infatti Lippi è stato immediatamente fatto fuori, nemmeno avesse molestato una soubrette o rubato il portafogli ad un dipendente di Viale Mazzini. Per alcune frasi in una intervista alla Stampa intercettate alla buvette della Camera mentre il conduttore faceva il suo show con un capannello di deputati di Fdi. Sulla Annunziata: «Propaganda, kultura con la k. Ora basta. L'ha vista l'intervista alla ministra Roccella? Cattiva, aggressiva. Non è Rai quella». Poi sull'ex direttore di Rai Uno, Stefano Coletta, una carriera in quota Pd: «Ha fatto lavorare gay e gaie solo per il motivo di esserlo. Tanti e tante che non avevano alcuna competenza, la Rai usata per fare coming out». Poi su Fazio e Littizzetto: «Se ne sono andati loro. Fazio è stato un farabutto: lui e la sua sorellina avevano già pronto un contratto milionario con Discovery. Ma sa che c'è? Basta pigiare il Nove sul telecomando per vederli ancora, qual è il problema?». Alcune delle espressioni riportate nell'intervista sono state poi smentite da Lippi: «Non mi riconosco nelle affermazioni che mi sono state attribuite: non userei la parola farabutto neanche per il mio nemico più acerbo e difendo con una lotta continua la libertà di scelta sessuale. Ho subito un attacco alla mia privacy in modo maldestro e una grave lesione della mia immagine: sto valutando con il mio ufficio stampa e con i miei legali come contrattaccare». Troppo tardi, la Rai (cosiddetta «meloniana») l'ha già silurato, tra gli applausi dell'opposizione: «Alcune affermazioni di Claudio Lippi riportate dagli organi di informazione sono lesive della reputazione della Rai e dei propri dirigenti. Pertanto, è da escludere qualsiasi tipo di collaborazione con il conduttore». Provvedimenti severi che non sono seguiti dopo i comizi politici andati in onda a Sanremo o ai concerti del Primo Maggio o alle provocazioni pro-omosex sugli schermi della tv pubblica. Il caso Lippi segue quello Barbareschi, l'attore che il Pd ha chiesto alla Rai di fare fuori, annullandogli il programma, per aver espresso delle opinioni personali sulle attrici che usano le molestie come arma per fare carriera. Intanto l'opposizione monta la polemica per lo spazio del governo nell'informazione Rai, in particolare la presenza del premier Meloni nei notiziari di Viale Mazzini.

Dati però che si riferiscono al monitoraggio dei mesi scorsi, quando alla guida dei Tg Rai c'erano ancora i direttori nominati sotto il governo Draghi, non ancora quelli in quota centrodestra, in carica da pochi giorni.

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