Qatar, la procura di Bergamo sequestra i conti dei Panzeri

Bloccati 240mila euro intestati all'ex deputato dem e alla figlia Silvia. La moglie ricorre sull'estradizione

Qatar, la procura di Bergamo sequestra i conti dei Panzeri

Va bene che un deputato europeo guadagna diecimila euro al mese, e quando compie i 65 anni prende una bella pensione. Ma quanto viene sequestrato ieri dalla Procura di Bergamo sui conti dell'ex europarlamentare piddino Antonio Panzeri appare difficilmente spiegabile con un'oculata attitudine al risparmio. Al protagonista del Qatargate vengono confiscati, su richiesta della giustizia belga, 240mila euro. Aggiunti ai settecentomila che i servizi segreti di Bruxelles avevano fotografato nella casa di Panzeri nella capitale il tesoro accumulato dall'ex sindacalista sfiora il milione di euro. Un tesoretto che è già, di per sé, un elemento di riscontro ai sospetti che il giudice Michel Claise e il suo staff investigativo nutrono sugli affari occulti di Panzeri.

I 240mila euro erano suddivisi tra il conto di Panzeri e della figlia Silvia, arrestata anche lei nei giorni scorsi su richiesta delle autorità belghe e in attesa di estradizione. Per la moglie dell'ex pd, Maria Dolores Colleoni, la Corte d'appello di Brescia ha già dato il via libera alla consegna al Belgio: ieri i difensori della Colleoni hanno depositato un ricorso in Cassazione per bloccare l'estradizione, citando un rapporto che definisce inumane e degradanti le condizioni di vita nelle carceri del paese. Ma si tratta di una mossa con poche possibilità di successo, anche perché la scoperta dei soldi sui conti italiani non fa che confermare la convinzione degli inquirenti secondo cui sia la moglie che la figlia di Panzeri erano «pienamente consapevoli» delle attività dell'uomo, e in più di una occasione hanno collaborato alla gestione dei suoi beni di provenienza illecita.

Conti correnti sono stati sequestrati, sempre su iniziativa della Procura bergamasca, anche ad altri indagati: il sindacalista Luca Visentini, arrestato insieme a Panzeri e subito scarcerato, e l'ex assistente di Panzeri Francesco Giorgi, ora compagno della deputata greca Eva Kaili. Un gruppetto sulla cui attività da lobby occulta a favore della dittatura del Qatar e del governo del Marocco emergono in continuazione nuovi dettagli. L'efficacia della lobby, mascherata dietro la ong Fight Impunity, era tale da condizionare anche le scelte più nobili dell'Europarlamento e in particolare del gruppo dei Socialisti &Democratici.

Secondo quanto riferito ieri dal sito del quotidiano belga Le Soir, la Procura indaga sul voltafaccia del gruppo S&D che segnò in extremis l'attribuzione nel 2021 del «Premio Sakharov», il riconoscimento più importante della Ue a chi si batte per i diritti umani. Al ballottaggio erano arrivate Sultana Khaya, militante da sempre impegnata contro l'occupazione marocchina del Sahara occidentale, sostenuta dalla sinistra in blocco, e la boliviana Jeanine Anez, candidata da Fratelli d'Italia e dagli spagnoli di Vox. «Venne deciso - racconta il deputato di Podemos Miguel Urban - un nuovo voto, che venne posticipato di un'ora senza alcuna spiegazione formale. E contro tutte le previsioni il gruppo socialista ha votato il candidato dell'estrema destra».

Una mail aveva dato indicazione ai membri del gruppo di votare «per ragioni tattiche» la Anez. Sultana Khaya rimase di sasso: «Il Marocco ha evidentemente una grande capacità di influenzare le decisioni». Aveva ragione.

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