L'abbandono di un fedelissimo è inevitabilmente un processo doloroso, tanto più in un partito come Forza Italia dove è complicato individuare figure che abbiano alle spalle un percorso politico e un consenso indipendente dal carisma del leader. L'ultimo decennio del partito di Piazza San Lorenzo in Lucina è segnato da molti addii pesanti. Su tutti forse quello di Angelino Alfano, oggi avvocato e super consulente, per la cui fuoriuscita il Cavaliere non nascose il proprio «dolore personale». Oggi gli addii di Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini rappresentano sicuramente un passaggio destinato a lasciare dietro di sé polemiche e recriminazioni. Anche perché non sono mancate le occasioni in cui i protagonisti degli addii di oggi puntarono il dito contro i fuggitivi del passato.
Il sottosegretario alla Difesa e deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, ad esempio ha postato due tweet del 2019 delle ministre in risposta a Carlo Calenda. «Alla definizione di Mara Carfagna su Carlo Calenda (un ragazzino viziato e cafone) si aggiunge quella di un'altra novella compagna di strada, Mariastella Gelmini. Per lei l'uomo che si candida a guidare l'Italia era uno che usava parole fuori da ogni perimetro della decenza e che ogni volta che trascendeva era sinonimo di sonno della ragione. In breve: Calenda era un essere indecente senza qualche rotella, Gelmini dixit. Bene, questo tridente della coerenza (Calenda-Carfagna-Gelmini) è sul punto di diventare il principale alleato del Pd, di ex grillini in cerca di poltrona e della sinistra estrema. E hanno ancora la faccia tosta di dirsi moderati».
Dentro Forza Italia in molti non hanno gradito i toni utilizzati nella conferenza stampa di addio al partito. E anche un esterno come Guido Crosetto ha rimarcato, rivolgendosi a Mara Carfagna, il rischio di eccedere nei toni apocalittici. «Hai scelto Azione, legittimamente e con la serietà che ti ho sempre riconosciuto. Dire però che è l'unica proposta politica in grado di salvare l'Italia da estremisti ed irresponsabilità mi sembra eccessivo e ingeneroso verso chi rappresentavi, al Governo, fino a 8 giorni fa».
In Forza Italia sono in molti, poi, a ricordare i duri giudizi riservati alla scelta di Angelino Alfano di lasciare il partito. Mariastella Gelmini definiva quella dell'ex Guardiasigilli «una operazione di puro trasformismo, con la quale pretende di spacciare per nuova una politica vecchia, senza altri valori che non siano le cadreghe dei ministri» diceva allora. Anche in quel caso una delle ragioni addotte da Alfano per l'addio a Forza Italia era il rischio di inciampare nell'estremismo.
Una tesi respinta con forza da Mariastella Gelmini: «Alfano cerca di nascondere il vuoto di proposte che caratterizza il governo, dando dell'estremista a Berlusconi e al suo partito. Non solo, con questo suo mantra del non abbiamo paura tratta il partito di Berlusconi come una squadra di picchiatori. In questo modo incoraggia contro Berlusconi il livore della sinistra».
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