Quando il re della grappa fu incoronato dagli alpini

Una vita trascorsa a Bassano, per le penne nere la sua «sgnappa» era la migliore al mondo

Quando il re della grappa fu incoronato dagli alpini

C'è solo un Comune nel nostro Paese che ha nel nome la parola Grappa: Bassano del Grappa (Vicenza). Il «Re della grappa» non poteva quindi che nascere - e morire - qui. Aveva 91 anni Giuseppe Nardini. E ieri la sua vita, lunga e cristallina come un alambicco, ha smesso di distillare gocce di saggezza. Giuseppe Nardini era l'uomo-simbolo della dinastia che dal 1779 produce una delle più note grappe italiane. Un innovatore nel segno della tradizione; solo come i grandi industriali (e i grandi uomini) sanno essere.

«Si è spento nel suo letto circondato dal nostro affetto - ha detto la figlia Cristina, che gli è stata vicina fino all'ultimo con la madre Maria Luisa - dopo 15 giorni di agonia per un malore da cui non si è più ripreso».

Sfogliare il libro dell'azienda di famiglia equivale a scorrere oltre due secoli di storia patria: tra guerre e ricostruzioni, non solo fisiche ma anche morali. A fondare la ditta in quello che era un semplice magazzino «da produttore a consumatore» (a «filiera breve», si direbbe oggi) fu il capostipite Bortolo Nardini, a due passi dal Ponte degli Alpini di Bassano, simbolo della città veneta. Allora le botti si spostavano su carri trainati dai cavalli, oggi le bottiglie viaggiano sulle ali della tecnologia sapientemente gestita da quattro cugini e con Cristina che è la prima donna ad avere un ruolo attivo in azienda. «Per Giuseppe, la definizione di Re della grappa è riduttiva -ha ricordato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia -. In lui si sono fusi storia, tradizione, identità, modernità, signorilità: un nome, Nardini, che è stato e sarà ancora uno dei simboli del Veneto migliore nel mondo. Lo salutiamo con orgoglio e nostalgia». Uomo importante e stimato, al punto di avere tra i suoi amici molti grandi d'Italia e del mondo. Ma i complimenti che gli facevano più piacere erano quelli della gente comune, perché Giuseppe si è sempre sentito «un uomo del popolo». Ancor meglio se poi quel popolo aveva la penna nera sul cappello; non a caso quando nelle loro adunate gli alpini eleggevano puntualmente la Nardini «la sgnappa più buona del mondo», Giuseppe si ubriacava di felicità. Tanti gli aneddoti e le belle storie.

Tra le più originali, quella del rispetto della tradizione aziendale che portò Giuseppe a mantenere la parola «acquavite» rigorosamente senza la «c»: una variazione alcolica-sintattica che nella storica bottega, all'ingresso del Ponte degli Alpini, nessuno mai si azzarderà a modificare.

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