"Sionisti come le SS". "Allah Akbar". L'odio dei pro pal in piazza a Udine | Il reportage

I manifestanti pro-Palestina si sono riuniti a Udine prima della partita Italia-Israele, tra cori contro una sinistra che non farebbe nulla per fermare la guerra e i cartelli contro lo Stato ebraico

"Sionisti come le SS". "Allah Akbar". L'odio dei pro pal in piazza a Udine | Il reportage
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(Nostro inviato a Udine) Le bandiere della Palestina sono appoggiate a un muro. Accanto ad esse un cartello reca la conta dei morti: 103.840. Un’enormità, gonfiata ad arte. Sono infatti più della cifra fornita da Hamas, che certo non è un elemento neutro nel conflitto. La piazza comincia a riempirsi, poco alla volta. Giovani dei centri sociali e di sinistra, che si lamentano: “La Schlein non fa nulla e Bonaccini lo stesso”. Sono le 16, nel pieno della fase preparatoria. “Boicotta l’apartheid di Israele" si legge in un cartello. "Stop SSionismo", dove le due “s” hanno la stessa grafica di quelle del famigerato gruppo nazionalsocialista. Perché nella piazza di Udine, chiamata a raccolta qualche ora prima della partita tra la nazionale italiana e quella israeliana, lo Stato ebraico equivale a quello hitleriano. “Una cosa è essere antisionisti, un’altra antisemiti”, ci dicono. Ma il confine a volte qui è labile.

Poco prima della manifestazione, un uomo - barba lunga e cappello verde - urla che non vuole la pace, che il pacifismo fa schifo ed è inaccettabile perché c’è un genocidio in atto. “Viva la resistenza palestinese”, inizia a urlare mentre una ragazza gli chiede di fermarsi.

"Si sono girati da un’altra parte il 7 ottobre, per avere una giustificazione. Ma se lo dici sei un antisemita”, affermano alcuni. Una manifestante invece giustifica la lotta armata palestinese: “Non è solo Hamas, ma loro resistono e quello è importante”. E ancora, una signora bacia la bandiera a quattro colori che da più di un anno vediamo nelle nostre piazze e dichiara: "Fanno come Hitler, gli ebrei, ma lo fanno con i palestinesi". "Diamo un calcio all’apartheid, fuori Israele dalla Fifa", recita lo striscione che apre il corteo, mentre nell'aria risuonano le note dell'inno palestinese.

Cartelli pro pal

"Il 7 ottobre - dice il palestinese che apre la manifestazione - È la conseguenza delle violenze di Israele. Israele è una colonia americana, il suo ultimo Stato". "Stato assassino. Noi palestinesi siamo gli abitanti originali di Israele, loro vengono dall’Europa e dall’America", prosegue. "Noi diciamo che l’ultimo giorno di occupazione sarà il primo di pace". "Palestina libera dal fiume al mare", conclude. Un'evidente stonatura, questa: nello stesso corteo c'è chi sventola le bandiere della pace e chi sogna la distruzione di Israele.

Pro pal udine

E arriva il momento dei cori: "Cantano i popoli in rivolta, scrivono la storia. Intifada fino alla vittoria". "Meloni, Meloni vaffanculo". I manifestanti sparano i loro proiettili verbali contro tutti coloro che ritengono nemici: "America bastarda, America assassina dal Donbass alla Palestina". "Basta basta con la guerra, fuori la Nato dalla nostra terra". Poi, l'intervento dei rappresentanti della Casa del popolo di Gorizia, che si sentono toccati da "ciò che accade a Gaza da 80 anni". "Lo Stato terrorista di Israele usa tecniche genocide. La demonizzazione della resistenza e la manipolazione dell’opinione pubblica usate da Israele per lo sterminio di una popolazione", affermano, aggiungendo che "il genocidio è ripartito dopo la Seconda guerra mondiale" e che le Idf, l'esercito di Tel Aviv, sono nate dalla fusione di "gruppi terroristici usati per fondare lo Stato di Israele, gruppi i cui capi sono stati leader di Israele. Come se i capi del fascismo fossero diventati presidenti del Consiglio".

Si accendono i megafoni: "Non si gioca a calcio, non si fa sport con degli assassini", "Italia assassina, Biden assassino", frasi incomprensibili in arabo. E arriva il turno di parlare delle femministe dell'associazione Non una di meno: "C’è una domanda che si sono fatte tante persone davanti al genocidio compiuto dall’entità sionista. Con quale diritto parlo di questo dolore? Il femminismo ci ha insegnato che la rabbia è uno strumento di lotta e oggi ci risulta impossibile parlare di genocidio. Vogliamo liberi corpi in libere terre".

E intanto, mente si passa da via Aquileia, dove i negozianti hanno chiuso i negozi temendo scontri, si sentono nuovi cori, “se non cambierà, intifada pure qua” e ancora "La Palestina ce lo ha insegnato, la resistenza non è reato" e "Allah Akbar".

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