Quando Renzi tuonava contro i piccoli partiti: le bugie dell'ex premier

L'ex sindaco di Firenze un tempo si scagliava contro le forze politiche scarsamente rappresentate in parlamento ma in grado di condizionare i lavori di una maggioranza

Quando Renzi tuonava contro i piccoli partiti: le bugie dell'ex premier

Che Matteo Renzi non sarà ricordato dai posteri come esempio di impeccabile coerenza è un dato di fatto. Ormai l'ex sindaco di Firenze ha una sterminata collezione di frasi diffuse via web e via etere o tramite carta stampata che inesorabilmente avrebbe dovuto presentare il conto prima o poi. Un conto decisamente salato, per saldare il quale non basta più girarsi dall'altra parte e far finta che nulla sia mai accaduto.

Come dimenticare, infatti, uno dei suoi cavalli di battaglia avente come riferimento l'allora presidente del consiglio Enrico Letta?"Diamo un hashtag #Enricostaisereno", dichiarò Renzi a quest'ultimo il 17 gennaio dell'ormai lontano 2014 per spegnere le polemiche di una possibile successione e di intrighi di palazzo. Neppure un mese dopo avrebbe preso la sua poltrona insediandosi a Palazzo Chigi.

Il celeberrimo referendum costituzionale, poi, è un vero e proprio capolavoro in tal senso, con l'ex premier che, tra ospitate in varie trasmissioni, aveva spergiurato che si sarebbe dimesso ed anzi avrebbe addirittura lasciato il mondo della politica in caso di sconfitta. Forse non in caso di batosta, ecco perché ha invece deciso di restare e di rilanciarsi con la fondazione di un nuovo partito, nato da una costola del Pd. "Intendo assumermi precise responsabilità. È un gesto di coraggio e dignità. Se perdo il referendum io non solo vado a casa, ma smetto di far politica", aveva allora dichiarato in una delle sue uscite su Repubblica Tv.

Tra le “battaglie” dell'ex segretario del Partito democratico, comunque, una delle più importanti era stata di certo quella condotta nei confronti dei piccoli partiti. Ovverosia quelli che, pur avendo un peso specifico decisamente ridotto all'interno di una maggioranza, erano comunque in grado di condizionarla pesantemente. Una cosa che ricorda da molto vicino ciò che Italia viva sta mettendo in atto nella compagine guidata da Giuseppi. L'uomo dei Dpcm notturni non dorme più sonni tranquilli da tempo, e lo “stai sereno” si sarebbe potuto certamente estendere anche a lui. La guerra contro i piccoli partiti segnò un momento di svolta alla Leopolda del 2012, quando Renzi tuonò: “Se vinciamo noi non ci sarà più spazio per il potere di veto dei partitini". Una frase che fu rapidamente postata anche su Twitter affinché divenisse immortale. E così è stato, anche se in modo diametralmente opposto rispetto alle intenzioni iniziali. Cinque anni dopo, tra l'altro, il concetto era stato ribadito con ancora maggiore forza. Ospite di Porta a Porta, l'ex leader del Pd aveva così manifestato la sua insofferenza verso le forze politiche scarsamente rappresentate in parlamento. “Non è accettabile che nel 2017 ci siano ancora i piccoli partiti che mettono i veti”.

Ora è la sua creatura (Italia viva oscilla tra il 2% e massimo il 3% nei sondaggi sulle intenzioni di voto) a mettere i bastoni tra le ruote pur non avendo numeri consistenti. Non solo.

Il timore di tornare alle urne fa sì che le rimostranze si limitino a piccoli sgambetti nella speranza che poi tutto rientri, che si possa ottenere quanto richiesto e quindi proseguire fino a fine legislatura evitando le elezioni. Le conseguenze di azioni del genere, comunque, non possono non arrivare mai, così come gli effetti di promesse non mantenute e di minacce mai davvero concretizzate.

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