Non volevo fare questa intervista, un po' perché preferisco occuparmi di arte, di letteratura, di religione, di enogastronomia, di qualsiasi cosa purché non della pericolosissima politica, un po' perché abitando a Parma cerco di non occuparmi di argomenti di Parma, altrimenti finisco davvero col diventare un provinciale... Ma dopo aver letto la memoria che l'ex sindaco Pietro Vignali mi ha allungato in un borgo del centro, lui zelantemente mascherato, io ribellisticamente a volto scoperto, ho capito che la sua quasi decennale odissea giudiziaria, conclusasi a luglio con la riabilitazione, travalica sia la politica sia la geografia. È una storia emblematica che può funzionare da monito per tutti coloro che coltivano l'insana ambizione di diventare sindaco del proprio Comune: pensateci cento volte, e se non militate a sinistra anche duecento...
Lei all'inizio del 2011 era sindaco di Parma apprezzato a livello locale e nazionale. La sua carriera andava a gonfie vele quando un brutto giorno...
«C'era un sole splendido e all'improvviso cominciò a grandinare. Mi venne consegnato in municipio l'avviso di garanzia per la presunta assunzione clientelare di ben 18 dirigenti. Un'inchiesta infamante archiviata a luglio dopo ben 10 anni, su richiesta della stessa procura perché il reato non sussiste e tantomeno il danno erariale. Ma allora paralizzò completamente l'attività del Comune, nessun dirigente firmava più nulla. Stesso copione per un'altra inchiesta avviata sull'appalto per la riqualificazione dell'Ospedale Vecchio: dopo 6 o 7 anni tutto archiviato».
In quel periodo dovette anche affrontare lo scoglio della metropolitana...
«Dopo la crisi del 2008 per proteggere le finanze del Comune ho dovuto prendere la decisione difficile di fermare la costruzione della metropolitana. Operazione perfetta dal punto di vista economico con un saldo positivo per le casse comunali di oltre 200 milioni. Eppure quella scelta mi scatenò contro molti poteri della città e della regione».
La accusarono di corruzione per aver concesso il dehor a un ristorante di Strada Farini. La avviso che da residente in centro sono un acerrimo nemico dei dehor che continuano ad allargarsi e ormai ostacolano il transito perfino delle biciclette...
«La vicenda è surreale. L'autorizzazione dei dehor è una precisa politica portata avanti dalle amministrazioni comunali di ieri e di oggi. Figuriamoci se non ne aveva diritto uno dei ristoranti più antichi della città... E poi l'autorizzazione spettava non al sindaco ma al dirigente competente dopo il parere dei vigili urbani e in quel caso col via libera della Soprintendenza».
Vennero sequestrati molti conti correnti ma soltanto un mese dopo si appurò che soltanto due erano davvero suoi, con giacenze di 9.000 e 850 eurO. Non sembra che a fare il sindaco si diventi ricchi.
«Anzi! Io ho dedicato 13 anni della mia vita a Parma trascurando totalmente la mia vita professionale e privata. Abbandonai persino lo studio di commercialista, una scelta costosa dal punto di vista economico. La vicenda dei conti correnti mi fece molto soffrire. Si parlò del tesoretto di Vignali, teorema smontato un mese dopo dallo stesso tribunale: avevano confuso i miei conti privati con i conti comunali... Come sempre accade la notizia del sequestro suscitò grande clamore mentre il successivo dissequestro passò nel silenzio».
Lei poi chiese il patteggiamento, giusto?
«Sì, perché oltre al sequestro dei conti correnti avevo subito il risequestro dell'unico bene, un appartamento, di cui disponevo, nonostante fosse appena stato dissequestrato da tribunale e Cassazione. Lo stavo vendendo per pagare le spese legali e non potendolo più fare fui in pratica costretto al patteggiamento (i cui effetti, comunque, sono stati completamente annullati dalla riabilitazione). Adesso lo considero un errore, ma allora mi sembrò l'unico modo per uscire dalle maglie di una giustizia lumaca. Ero anche psicologicamente provato».
I suoi avversari dicono che abbia lasciato il Comune sull'orlo del fallimento: verità o malignità?
«È una grande mistificazione perché quel rischio non è mai esistito. Il commissario Ciclosi aveva calcolato l'indebitamento del Comune e delle società partecipate addirittura senza considerare i crediti, l'attivo e il patrimonio, fornendo un dato distorto e allarmistico».
Il dato vero?
«Nonostante l'epocale crisi economica e gli ingenti investimenti realizzati, l'attivo superava i debiti e le passività di più di 600 milioni. L'indebitamento del Comune era inferiore alla media nazionale e in cassa c'erano 55 milioni. Semmai, fermando la metropolitana, io i debiti li ho ridotti».
Il suo grande accusatore, il procuratore Laguardia, appena andato in pensione si candidò coi i suoi antagonisti, ossia col centrosinistra. Io non credo nella democrazia italiana: lei invece, dopo simili episodi?
«Avendo fatto l'amministratore per tanti anni ci devo credere. Certamente quella decisione mi sorprese perché non si dovrebbe indossare la maglietta di giocatore subito dopo quella di arbitro...».
A luglio è stato riabilitato dal tribunale di Bologna. Adesso cosa si attende? Un risarcimento? Delle scuse?
«Non mi attendo nulla. Mi sono bastate le parole del pm che nella richiesta di archiviazione ha ribadito che il reato non sussiste, parlando esplicitamente di errori investigativi. Dopo l'archiviazione del tribunale di Parma e la riabilitazione del tribunale di Bologna non ho più alcun carico pendente. Il mio avvocato sta valutando l'applicabilità della legge Pinto sulla equa riparazione in caso di irragionevole durata dei procedimenti giudiziari, ma non cerco vendette».
In questo lungo calvario, oltre ai famigliari chi le è rimasto vicino? Gli amici della politica?
«In politica non esiste l'amicizia. Mi sono ritrovato in uno spaventoso tritacarne mediatico, abbandonato da colleghi e collaboratori, e questo è stato l'aspetto più triste. Invece mi ha aiutato l'affetto manifestato da molti cittadini».
Se potesse tornare indietro, entrerebbe ugualmente in politica o se ne guarderebbe bene?
«Sì, ritornerei a fare l'amministratore che è un'attività straordinaria. Veder cambiare la città che ami grazie al tuo impegno è una soddisfazione impagabile: quando diventai assessore alla Viabilità c'era solo un pezzetto di tangenziale con un semaforo in mezzo... In quegli anni Parma ha guidato, secondo le graduatorie del Sole24Ore, tutte le classifiche: eravamo ai primi posti per qualità della vita, secondi per offerta di asili... Purtroppo le inchieste giudiziarie hanno offuscato le tante realizzazioni che avevano reso la città un modello a livello nazionale».
Ad esempio?
«Il nuovo Festival Verdi, la mostra sul Correggio, quell'anno la mostra più visitata d'Italia, il grande piano di edilizia residenziale sociale, il collegamento fra casello autostradale e Fiere, senza il quale Parma avrebbe perso Cibus, il quoziente famigliare...».
«Dove eravamo rimasti?», disse Enzo Tortora quando tornò in televisione dopo il riconoscimento dell'errore giudiziario di cui era stato vittima. Lei è rimasto a Parma ma dal punto di vista politico oggi dove si colloca?
«Mi considero un liberale moderato e riformista. Moderato perché rifuggo le semplificazioni. Riformista perché il nostro Paese ha bisogno di una profonda riforma liberale. L'Italia ha bisogno di una riforma del fisco (flat tax per le imprese, forte decontribuzione...), della burocrazia (dall'autorizzazione all'autocertificazione), della giustizia (altrimenti gli stranieri non investiranno più in Italia)...».
E Vignali, seduto in uno degli stramaledetti dehor che occludono le strette vie del centro, continua a parlare, di welfare e di immigrazione, di Parma e di Italia, di 2010 e di 2020, e ormai è chiaro che non c'è nulla da fare, il virus della politica lo ha nuovamente aggredito e, come per il corona, non hanno ancora trovato il vaccino.
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