Pia Klemp, la capitana della "Louise Michel", la nave dello street artist Banksy che ha lanciato un sos dopo aver preso a bordo 219 clandestini, ha subito gettato la maschera. "Il salvataggio in mare non è azione umanitaria - ha ammesso al Guardian - ma parte della lotta antifascista". A differenza di tanti suoi predecessori, anche loro ultrà dell'immigrazione senza controlli, ha avuto l'onestà intellettuale di dire le cose come stanno. E cioè che i disperati, che ogni giorno tentano la sorte salpando dalle coste libiche, non sono vite in pericolo da salvare dalle onde del Mar Mediterraneo o da strappare dalle grinfie di trafficanti senza scrupoli, ma uno strumento per raggiungiere la propria battaglia ideologica contro la difesa dei confini. Anche a costo di calplestare le leggi del nostro Paese.
La "nuova" ultrà dei clandestini
La Klemp non è nuova a queste scorribande nel Mediterraneo centrale. Attivista per i diritti umani, è balzata agli onori delle cronache nazionali dopo essere finita in un'inchiesta per "favoreggiamento dell'immigrazione illegale". Una accusa, quella avanzata dalla magistratura italiana, che non deve aver fatto né caldo né freddo alla tedesca. Tanto che, non appena si è presentata l'occasione, eccola alla guida di un'altra nave in cerca di immigrati da portare in Europa. A questo giro si è messa al timone di una ex imbarcazione doganale francese lunga 31 metri, notevolmente più veloce delle solite navi delle organizzazioni non governative che operano nella zona. Un particolare non da poco quest'ultimo, che le permette di sfrecciare sulle onde e battere sul tempo la Guardia costiera libica. Al suo fianco, per portare avanti quella che per lei è in primis una "lotta antifascista", ci sono i dieci membri dell'equipaggio della "Louise Michel" che al Guardian hanno tenuto a definirsi tutti quanti "attivisti antirazzisti e antifascisti a favore di cambiamenti politici radicali". Altro che buonismo spicciolo, l'impianto ideologico di questi corsari terzomondisti mira a minare le fondamenta della società occidentale per indebolire i partiti di destra e piegare la legge al proprio volere. E, quando non ci riescono, la calpestano senza farsi troppi problemi.
I capitani che sfidano l'Italia
La Klemp non è certo la prima a voler sfidare la legge per portare avanti "cambiamenti politici radicali". In Italia abbiamo già avuto a che fare con un'altra "capitana" pronta a tutto, anche a speronare una motovedetta, pur di entrare a forza in un porto senza alcuna autorizzazione. È il caso di Carola Rackete che, la notte tra il 28 e il 29 giugno dell'anno scorso, compì una monovra pirata per forzare il blocco della Guardia di finanza (guarda il video) che le è costato un avviso di garanzia. Lo scorso 12 febbraio la procura di Agrigento ha chiesto una proroga di altri sei mesi delle indagini iniziate l'indomani dello speronamento della motovedetta. "Non ho sbagliato ad entrare nelle acque territoriali italiane", ha detto in più di un'occasione. "Rifarei tutto quello che ho fatto, perché era il mio dovere". Nessun pentimento, dunque. Eppure sembra destinata a farla franca. Infatti, in modo ufficioso, dalla procura hanno lasciato intendere più volte che, finito il supplemento di indagini, si dovrebbe andare verso la richiesta di archiviazione. Lo stesso destino a cui sono andati incontro Luca Casarini e il capitano della Mare Jonio, Pietro Marrone. "Non siamo noi che violiamo i diritti ma chi ha fatto gli accordi con la Libia, chi riporta i migranti in Libia, chi ha permesso che la Libia avesse una zona Sar (search and rescue, ndr) pur non essendo riconosciuta come un porto sicuro", aveva spiegato a suo tempo la portavoce Alessandra Sciurba confermando la natura ideologica dell'ong dei centri sociali. Prima della Rackete a sfidare le autorità italiane ci ha pensato un altro capitano della Sea Watch 3, Arturo Centore. Poi c'è il caso del capomissione del veliero "Alex" dell'ong Mediterranea, Erasmo Palazzotto, interrogato nel luglio dell'anno scorso ad Agrigento. "Dell'indagine non si è saputo più nulla - ci fa sapere una fonte - il fascicolo, però, dovrebbe essere formalmente ancora aperto".
L'obiettivo politico delle ong
La lista dei capitani che calpestano le nostre leggi è davvero lunga ma le indagini della procura di Agrigento sono sempre andate verso un punto morto. Non solo nessuno di loro è mai stato condannato, ma nemmeno rinviato a giudizio. Fa eccezione solo l'ex comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, per il quale è stato chiesto, nel luglio del 2019, il rinvio a giudizio dopo che è spuntato un video in cui prometteva apertamente ai migranti che li avrebbe portati in Italia (guarda il video). Alla fine, però, questo è l'obiettivo della maggior parte delle ong attive nel Mar Mediterraneo: dietro la maschera del buonismo, gli ultrà degli sbarchi nascondono la natura "antifascista" della propria crociata che mira appunto a "cambiamenti politici radicali". Anche ribaltando le leggi nazionali. Per questo diventa pericoloso l'assist che Pd e Cinque Stelle si preparano a offrir loro smantellando i decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini quando sedeva al Viminale. Una presa di posizione ideologica che ha di fatto moltiplicato le partenze dalle coste del Nord Africa. L'unica soluzione ai continui arrivi avanzata dall'esecutivo è di distribuire i calndestini qua e là in tutto il Paese. "Ma così - ha sottolineato il leader della Lega - il problema non si risolve.
Noi al governo abbiamo dimostrato come si fa: si arrestano gli scafisti e si chiudono i porti". Una linea che non piace ai giallorossi e tantomeno ai capitani che vogliono scaricare sulle nostre coste altri clandestini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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