La "capitana" dell'Ong già indagata che torna a sfidare l’Italia in mare

Pia Klemp guida la Luoise Michel, nave finanziata dall'artista Banksy. Il suo passato con Iuventa, Sea Watch 3 e l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

La "capitana" dell'Ong già indagata che torna a sfidare l’Italia in mare

Il nome della nave è quello di un’anarchica femminista, Louise Michel. Il dipinto sul ponte porta la firma di Bansky, che la rende in pratica un’opera d’arte galleggiante. Il capitano, o la capitana vedete voi, si chiama invece Pia Klemp, meno famosa di Carola Rackete eppure non del tutto sconosciuta all’Italia. Già alla guida delle navi Iuventa e Sea Watch 3, la storia di Pia merita un po’ di attenzione a fronte del rinnovato attivismo delle Ong nel Mediterraneo. Già, perché mentre la Guarda Costiera italiana va in aiuto dalla Louise Michel e carica 49 migranti dei 219 a bordo, lei è sotto inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e rischia “fino a 20 anni di reclusione”. La magistratura italiana indaga, lei torna in mare, il governo le tende una mano. Se non si può definire una situazione assurda, almeno un po' strana lo è.

La storia tra le onde di Pia Klemp inizia con l’organizzazione Sea Sheperd che lotta contro “le attività illegali in alto mare”. Dopo anni di attività a bordo ottiene il brevetto da capitano. Biologa, 36 anni, è nata a Bonn ma quando non prende il largo vaga tra la sua città natale, Berlino, Amburgo e Bruxelles. Nel 2017 si imbarca nelle prime missioni umanitarie nel Mediterraneo: guida la nave Iuventa di Jugend Rettet; poi diventa la responsabile di una delle prime quattro missioni di Sea Watch 3, la stessa nave che comandava Carola Rackete quando scoppiò la polemica dello speronamento, l’arresto e tutto il resto. È proprio a causa della sua partecipazione alle attività della Iuventa che Pia finisce sotto la lente della procura di Trapani insieme ad altri nove membri dell’equipaggio e al personale di Medici Senza Frontiere e Save The Children. Era il 2 agosto del 2017 quando la Iuventa venne sequestrata al porto di Lampedusa insieme a telefoni cellulari, computer di bordo e altri dispositivi elettronici. L’indagine provocò un terremoto politico in Italia, primo atto di una serie di operazioni delle procure siciliane contro le navi Ong.

L’accusa che ancora pende sul capo della capitana è quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: secondo i pm ci sarebbero stati contatti tra i membri dell’equipaggio e i trafficanti di esseri umani. I magistrati, che focalizzano l'attenzione su tre operazioni di salvataggio separate avvenute nel 2016 e nel 2017, ipotizzano inoltre che agli scafisti venissero anche riconsegnate le imbarcazioni per riutilizzarle in nuovi traffici di carne umana. Le organizzazioni invece negano tutto e giurano di aver svolto le operazioni nel rispetto della legge e del diritto internazionale. Tre anni dopo il procedimento è ancora appeso a un filo, come nel più classico dei casi giudiziari italiani. Ma nel frattempo Pia Klemp non si è fermata. Prima la Sea Watch 3, ora la Louise Michel. "Non vedo il salvataggio in mare come un'azione umanitaria, ma come parte di una lotta antifascista", ha detto Pia al Guardian. Per l’Italia il risultato è in sostanza lo stesso: centinaia di profughi raccolti di fronte alla Libia e portati se possibile sulle coste del Belpaese.

Lunga 31 metri, già di proprietà dell'autorità doganale francese, la Louise è più veloce delle altre navi Ong ma meno capiente. L'obiettivo è quello di arrivare prima della Guardia costiera libica, finanziata e sostenuta anche dall'Italia, per impedirgli di riportare a Tripoli gli immigrati. Venerdì scorso i 10 attivisti dell'equipaggio avevano già a bordo 89 persone quando hanno assistito altri 130 profughi. Troppi, per quel ponte piccolo e stretto. Così la nave ha iniziato a lanciare appelli alle autorità maltesi e italiane, che alla fine hanno inviato una motovedetta per imbarcare 32 donne e 13 bambini. Gli altri verranno caricati dalle altre Ong attive in loco, la Sea Watch 4 e la Mare Jonio di Mediterranea.

Insomma: neppure 15 giorni in mare e l'opera di Bansky già fa parlare di sé. La Louise è partita il 18 agosto dal porto di Burriana, in Spagna, non lontano da Valencia. Ma i lavori erano iniziati molto prima in gran segreto. La collaborazione tra Pia e Bansky è nata con una e-mail improvvisa. "Ciao Pia, ho letto della tua storia sui giornali - le scrive un giorno l'artista - Sembri una tosta. Sono un artista del Regno Unito e ho realizzato dei lavori sulla crisi dei migranti, ovviamente non posso tenere i soldi.

Potresti usarli per acquistare una nuova barca o qualcosa del genere? Per favore fammi sapere. Ben fatto. Banksy". La Klemp pensa ad uno scherzo, poi deve ricredersi. I soldi arrivano, la nave anche. E così la "capitana" torna a solcare le onde e a "sfidare" l'Italia. Nonostante l'indagine a suo carico.

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