Quei 62 super-ricchi valgono mezzo mondo

I «paperoni» possiedono quanto il 50 per cento del resto della popolazione

Tiziana PaolocciI sessantadue supermiliardari più facoltosi del mondo hanno una ricchezza equivalente a quella della metà più povera della popolazione mondiale.Lo svela il rapporto dell'organizzazione umanitria britannica Oxfam pubblicato in coincidenza con l'annuale World Economic Forum, che si tiene questa settimana a Davos. Una linea di demarcazione netta, tra chi vive nel lusso più sfrenato e chi fatica ad arrivare a fine mese, che interessa anche il nostro paese. L'1 per cento degli italiani, infatti, è in possesso del 23,4 per cento della ricchezza nazionale netta.Nonostante appelli, vertici politici, slogan e ricette economiche, le disuguaglianze sono sempre più profonde e nelle mani dell'1 per cento di privilegiati si concentra lo stesso ammontare di ricchezze suddiviso fra il restante 99. Nessuno riesce a sanare questa piaga e la forbice fra chi ha troppo e chi non ha nulla continua ad allargarsi in modo inesorabile.Secondo l'Oxfam il patrimonio della metà meno abbiente della popolazione mondiale - circa 3,6 miliardi di persone - è sceso del 41 per cento (pari a mille miliardi di dollari) dal 2010 a oggi, mentre la ricchezza dei 62 nababbi, i cui nomi compiono nelle liste patinate, hanno aumentto il loro patrimonio di altri 500 miliardi di dollari, fino a 1.760 miliardi totali. Cifre, che poco realistiche, secondo Mark Littlewood, direttore dell'Istitute of Economic Affairs, che prla di numeri «taroccati», mentre il collega Ben Southwood, dell'Adam Smith Institute, intitolato al padre dell'economia di mercato e teorico della dottrina della «mano invisibile», parla di stime «fuorvianti», suggerendo di focalizzarsi sulla curva del «benessere fra i poveri» (in crescita, dal suo punto di vista) invece che «sulle fortune dei ricchi».Ma l'Oxfam non ci sta e parla di una ricerca certificata dagli esperti del Credit Suisse. In Italia fra il 2000 e il 2015, metà dell'incremento del benessere è finito in tasca ad appena il 10 per cento dei fortunati. E il quadro non cambia guardando altrove. In Usa 20 paperoni, fra cui filantropi del calibro di Bill Gates, Warren Buffet, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Larry Ellison, Michael Bloomberg o i fratelli Koch, si spartiscono l'equivalente di tutti i beni posseduti dalla metà dei connazionali, 152 milioni di anime. La ricetta per invertire la tendenza ci sarebbem secondo l'Ong britannica ed è quella di abolire i paradisi offshore. «L'elusione fiscale delle multinazionali - spiega Roberto Barbieri, numero uno di Oxfam Italia - riguarda d'altronde anche i Paesi in via di sviluppo e quelli Osce, con un impatto pari a decine e decine di miliardi di dollari volatilizza. L'elusione fiscale delle multinazionali ha un costo per i Paesi in via di sviluppo stimato in 100 miliardi di dollari all'anno e un impatto importante anche nei paesi OCSE come l'Italia». Per le imprese multinazionali, quindi, sono necessari maggiore trasparenza e approcci comuni da parte degli stati.

«Sosteniamo l'obbligo di rendicontazione pubblica in ogni paese - conclude Barbieri - in cui le multinazionali UE operano e un modello vincolante di tassazione unitaria nella UE perchè le tasse siano pagate laddove l'attività economica si svolge realmente. Per questo Oxfam Italia lancia Sfida l'Ingiustizia, una nuova campagna per dire bastà ai paradisi fiscali e rendere credibile l'impegno preso dai leader mondiali di eliminare la povertà estrema entro il 2030».

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