Oltre allo scandalo dei 5 Stelle sollevato dalle dichiarazioni dell'ex capo dell'intelligence venezuelana Carvajal, il nostro paese è stato centrale per la corruzione del governo venezuelano. Sono quattro, infatti, le estradizioni, già realizzate o in procinto di venire eseguite che preoccupano Caracas e che hanno ramificazioni italiane. La prima è quella del 49enne narco-imprenditore Alex Saab, già eseguita, lo scorso 16 ottobre, da Capo Verde verso Miami, in Florida. Considerato il principale prestanome di Nicolás Maduro, è sposato con un'italiana, Camilla Fabri, ex commessa originaria di Borgata Fidene, vicino a Roma, che, grazie ai suoi soldi ha comprato un appartamento da 5 milioni di euro in via Condotti, auto di lusso ed opere d'arte per 1,8 milioni di euro, il tutto sequestrato dalle nostre autorità con un processo in corso a suo carico per riciclaggio. Mentre Saab ha indossato l'uniforme da carcerato arancione e rischia sino a 160 anni di carcere se non collaborerà con gli Stati Uniti, la sua giovane moglie dal buen retiro di Mosca nei giorni scorsi è volata, via Cuba, a Caracas, alla corte di Maduro. La seconda estradizione che rischia di mettere alla sbarra il narco-regime del Venezuela è quella di Hugo «il Pollo» Carvajal, l'ex capo dell'intelligence chavista, l'unico a detenere tutte le prove delle malefatte del regime bolivariano tra 1999 e 2017.
È in carcere a Madrid dove sta collaborando con gli inquirenti ma la Spagna ha già approvato la sua estradizione negli Usa, che lo attendono a braccia aperte con pesantissime accuse di narcotraffico internazionale. È lui che ha svelato il finanziamento del Venezuela anche ad una miriade di altri partiti della sinistra mondiale tra cui il kirchnerismo argentino. Non a caso ieri Buenos Aires ha chiesto informazioni dettagliate ai giudici spagnoli aprendo un'azione penale. Se non vuole l'ergastolo anche «il Pollo» potrebbe «cantare» una volta negli Stati Uniti. La terza estradabile, invece, è l'ex infermiera ed ex tesoriera di Chávez, la 47enne Claudia Díaz Guillén. Madrid ha già approvato la sua estradizione negli Usa.
Infine c'è Rafael Ramirez, per 12 anni l'«uomo del tesoro» di Hugo Chávez, residente a lungo a Roma, con tanto di passaporto italiano (la moglie è italiana come nel caso di Saab) che gli permette ancora adesso di entrare e vivere nel nostro paese quando e per quanto tempo vuole. È uno dei personaggi chiave essendo stato il capo della PDVSA la statale petrolifera venezuelana negli anni d'oro quando il barile arrivò a toccare i 200 dollari. E che l'Italia gli abbia spalancato le porte non stupisce visto che il nostro paese nel 2019 è stato l'unico dell'Unione Europea, a riconoscere come legittimo presidente il dittatore del Venezuela, Nicolás Maduro e non Juan Guaidó. Ma, soprattutto, è diventato un «buen retiro» ed una base strategica per riciclare i soldi sporchi di molti chavisti, diventati ricchi grazie alla corruzione di un regime che dura da oltre 20 anni.
«Da voi godono di protezioni altolocate» fanno sapere nostre fonti da Washington. Rafael Ramirez ne è l'esempio più eclatante. L'unico a chiedere la sua estradizione all'Italia è stato Maduro, che lo considera un traditore.
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