Mosca tenta gli Usa sui minerali rari. Ma ora Kiev è pronta a dire "sì" a Trump. E Zelensky va da lui

Putin "offre" a Washington le terre strategiche. E apre al ritorno delle aziende occidentali

Mosca tenta gli Usa sui minerali rari. Ma ora Kiev è pronta a dire "sì" a Trump. E Zelensky va da lui
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È l'economia, stupido! Questo celebre slogan, glissando sul copyright del democratico Bill Clinton, fotografa alla perfezione il cinico nuovo corso americano targato Donald Trump nei confronti della Russia di Vladimir Putin. Hai invaso e da tre anni massacri a cannonate un libero Paese confinante col tuo con le giustificazioni più false? Quel Paese (l'Ucraina) si difende eroicamente per non rinunciare ai valori di libertà che l'America propaganda nel mondo da quando esiste? Hai sequestrato e deportato nel tuo Paese (la Russia) decine di migliaia di minorenni ucraini per trasformarli, previo accurato lavaggio del cervello, in soldati contro la loro stessa patria, meritandoti un mandato di cattura della Corte penale internazionale? Non fa niente, Vladimir: l'importante è che torniamo a fare affari insieme, il denaro non puzza e il suo flusso lava via anche il sangue.

Non è la geopolitica, materia troppo complessa e anche un po' noiosa per l'attuale presidente americano, a motivare le decisioni apparentemente sconcertanti della Casa Bianca: sono i quattrini. Che, insieme a una forte dose di vanità personale, scaldano il cuore del presidente-tycoon, che conferma l'interesse per le terre rare russe. A Mosca giocano volentierissimo di sponda con Trump. Ecco cos'ha detto ieri il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: «Gli Stati Uniti stanno assumendo una posizione più equilibrata, il che aiuta gli sforzi volti a risolvere il conflitto. E forse anche l'Europa graviterà verso un maggiore equilibrio».

Putin è pronto con Trump ne avrà ampiamente parlato nelle telefonate definite «molto produttive» a mettere sul tavolo offerte economiche allettanti. Il dittatore russo ha detto in un'intervista che il suo Paese è in grado di riprendere l'export di alluminio verso gli Stati Uniti, al ritmo di due milioni di tonnellate annue. Ma il vero focus è sulle «terre rare», quei metalli strategici indispensabili per l'industria delle nuove tecnologie. «Ne abbiamo molte di più dell'Ucraina assicura Peskov - e quando verrà il momento saremo pronti alla cooperazione, si aprono prospettive piuttosto ampie». Il portavoce di Putin parla di tre fasi. Chiarisce che Mosca e Washington dovranno prima normalizzare i loro rapporti, poi affrontare la questione dell'intesa sull'Ucraina e infine si potrà arrivare «alla cooperazione commerciale, economica e di investimento».

Il tema delle terre rare è reso più complicato dalla resistenza di Zelensky a firmare con Trump un'intesa-capestro. «Zelensky viene venerdì» a Washington, conferma il presidente Trump. «Va bene per me se vuole fare visita, gli dirò: rivogliamo indietro i soldi». La questione è ancor più complicata anche dal ruolo dell'Europa, che pure è interessata allo sfruttamento dei ricchi giacimenti in Ucraina. Una fonte della Commissione Ue ricorda che contengono 20 delle 34 materie prime critiche da Bruxelles, dal berillio al litio, dal titanio alla grafite senza dimenticare carbone e ferro delle regioni orientali su cui la Russia sta mettendo, più che le mani, gli scarponi dei suoi fanti. «Dal 2021 abbiamo su questo una partnership con Kiev, che garantisce vantaggi reciproci. Ma precisano dall'Ue - non siamo in competizione con gli Usa».

Dietro le belle parole sulle ragioni umanitarie che spingerebbero Trump a un «compromesso storico» con Putin sulla pelle dell'Ucraina c'è la prospettiva di riaprire un mercato lucroso. E che il socio di questo grande affare sia un criminale di guerra non sembra un buon motivo per rinunciarvi: da qui la disponibilità di Trump a sottoscrivere la falsa narrativa russa sulla natura del conflitto.

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