«Il Santo Padre vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto». È il 20 dicembre del 2018, a scrivere questo messaggio è il cardinale Angelo Becciu, nominato da qualche mese cardinale e promosso da numero due della Segreteria di Stato a Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Dall'altro lato del telefono c'è monsignor Alberto Perlasca, all'epoca capo della sezione amministrativa dello stesso dicastero dove il porporato sardo svolgeva le funzioni di Sostituto. I due prelati stanno parlando del versamento da 575mila euro da effettuare a Cecilia Marogna, la 39enne sarda che qualche anno prima si era presentata a Becciu come esperta di relazioni internazionali e con il quale il cardinale aveva stretto un accordo per attività d'intelligence in aree calde del mondo, per tutelare le missioni religiose, le nunziature e trattare con rapitori di preti e suore tenuti in ostaggio.
Quello e altri messaggi, a distanza di quasi due anni, sono finiti nel fascicolo dell'inchiesta finanziaria che sta scuotendo le stanze vaticane, con il cardinale Becciu licenziato dal Papa e che si è dovuto dimettere da Prefetto rinunciando ai privilegi cardinalizi, monsignor Perlasca indagato e, Cecilia Marogna arrestata a Milano, su mandato Vaticano, con l'accusa di peculato e appropriazione indebita aggravata. Quei soldi della Chiesa, infatti, secondo gli investigatori, anziché esser utilizzati per gli scopi pattuiti, furono spesi in buona parte in shopping di lusso.
Nel documento di tredici pagine finito sulla scrivania del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, in cui la magistratura vaticana chiede, a fini estradizionali, la convalida dell'arresto della 39enne ancora detenuta a San Vittore, sono contenute le conversazioni Whatsapp tra Becciu e Perlasca in cui il porporato chiede al suo ex sottoposto di inviare i soldi in varie tranche alla Marogna, per la liberazione di una religiosa in Mali. Becciu scrive: «Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore (Marogna, ndr), deve avere subito a disposizione i soldi». «Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò - si legge ancora -. Primo bonifico 75.000 euro intestato a Logsic doo. Causale: voluntary contribution for a humanitarian mission. Ossia contributo volontario per missione umanitaria da inviare alla società della donna con sede in Slovenia». In un altro messaggio, Becciu, scrivono gli inquirenti nel documento visionato da Adnkronos, sottolinea a Perlasca che «lo stesso trasferimento è stato preceduto dall'autorizzazione della superiore Autorità Sovrana». In pratica dal Papa che quindi, a dire di Becciu, sarebbe stato a conoscenza di quella delicata operazione da compiersi in Africa con l'aiuto della donna per liberare la suora. Il porporato scrive: «Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP (il Santo Padre, ndr), e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto». Perlasca risponde: «Ok per suora». Altri messaggi tra Becciu e Perlasca e tra Perlasca e Fabrizio Tirabassi, il dirigente, anch'egli indagato, che effettuava materialmente i bonifici, vennero scambiati tra gennaio e luglio 2019 in concomitanza di altri versamenti alla società della manager. A segnalare alla Gendarmeria Vaticana l'anomala movimentazione di denaro su due conti intestati a Marogna è stata la polizia slovena perché molte delle spese effettuate «riguardavano attività non compatibili con l'oggetto sociale della società».
Infatti, circa 250mila euro furono spesi dalla donna, attraverso 120 pagamenti diversi, in vari negozi di lusso, da Prada a Missoni, da Louis Vuitton a Chanel fino a Frau, per l'acquisto di una poltrona da 12mila euro. Riguardo a queste spese la 39enne si è sempre difesa dicendo che «quei bonifici comprendevano anche il mio compenso».
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