Quei "pizzini" per chiamare alla guerra: "Dobbiamo sgozzare i miscredenti"

Dagli appunti del 23enne emerge l'odio verso i non musulmani Tra i possibili obiettivi per un attentato anche militari e agenti

Quei "pizzini" per chiamare alla guerra: "Dobbiamo sgozzare i miscredenti"

Tra gli obiettivi da colpire ce n'erano di militari. Le intenzioni di Halili si possono evincere dalle tante frasi che il marocchino aveva scritto durante le sue giornate trascorse a studiare i dettami del Califfato e a radicalizzare lupi solitari che poi avrebbero potuto colpire l'Italia. «Allah ci ha informato degli atteggiamenti, strategie dei kuffar (coloro che non credono in un Dio islamico ndr) e non possiamo farci ingannare. Allah ha mostrato a chi devi essere amico e a chi nemico»: si legge in uno stralcio dei suoi pensieri su carta. Frasi sconnesse, sparse su pizzini, ma legate da un unico filo logico: l'odio verso tutto ciò che non è Islam. E stava per colpire, quel marocchino che già in passato aveva dato segnali di radicalizzazione, gli inquirenti ne sono certi. «Halili stava studiando come preparare il camion per compiere un attentato, siamo intervenuti in tempo - ha spiegato il questore di Torino, Francesco Messina - e si informava sull'utilizzo del coltello dove e in che modo colpire. Era il momento di intervenire, non potevamo permetterci di aspettare che individuasse l'obiettivo. Si sono configurati gli elementi di un'azione immediata». Il soggetto era «motivato, senza alcuna intenzione di ravvedersi».

Il 30 agosto 2016, quando il portavoce dell'Isis Abu Mohammed Al Adnani fu ucciso ad Aleppo, il marocchino creò una piattaforma social su cui pubblicò tre messaggi dell'esponente del Califfato. «Ovunque tu sia - riportava - vendica i tuoi fratelli e il tuo Stato. Quello che devi fare è uccidere un miscredente francese, americano o un loro alleato. Uccidilo con un ordigno o con una pallottola e se non riesci spaccagli la testa con una roccia, oppure sgozzalo con un coltello, investilo con l'auto. Buttalo da un piano alto. Soffocalo, avvelenalo, non fallire». Fu lui a creare quel testo in italiano che nel 2014 lo condusse in carcere, «Lo Stato islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare», 64 pagine di propaganda che misero in allarme l'Intelligence del nostro Paese.

Nei suoi appunti sconnessi Halili scrive ancora: «Obiettivo due: non guardare con le lenti dei media. Punto di vista occidentale: distinzione tra civile e militare». E parla quindi di «definizione di un obiettivo militare», anche se al momento gli inquirenti, su questo punto, hanno la bocca cucita. «L'arrestato - spiega il capo della Digos, Carlo Ambra - aveva contatti anche con altre persone con le quali si era frequentemente sentito scambiandosi condivisioni ideologiche estremiste sullo Stato islamico, soggetti italiani convertiti e islamisti convinti. Gente che in passato era stata attenzionate anche da altre Digos».

Ambra parla di «soggetti anche sottoposti a sorveglianza speciale o finiti in carcere, tra i quali anche un pakistano respinto da Torino e monitorato dalla Digos di Roma». Tra i testi letti dal giovane jihadista anche quelli di Anwar Al Awlaki, il «Bin Laden di internet»

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