Quei sei latitanti sfuggiti alla giustizia in attesa di una consegna agli Stati Uniti

Gli americani contestano all'Italia "uno schema" di fuga

Quei sei latitanti sfuggiti alla giustizia in attesa di una consegna agli Stati Uniti
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Veti incrociati provenienti da Iran e Stati Uniti complicano la gestione del detenuto Mohammad Abedini Najafabadi, al cui destino la Repubblica islamica ha intrecciato quello di Cecilia Sala, tenuta in ostaggio dal 19 dicembre nel carcere di Evin. Sull'iraniano sospettato di terrorismo dagli americani e recluso nel penitenziario di Opera pende la richiesta di estradizione degli Stati Uniti, che nel frattempo, avrebbero ribadito all'Italia di non concedere all'uomo gli arresti domiciliari, come invece chiesto dall'ambasciatore iraniano in Italia, che ha così apertamente svelato l'intrigo internazionale di cui è rimasta vittima la giornalista.

Secondo questo scenario, i domiciliari ad Abedini potrebbero, il condizionale è l'unica formula possibile in questa situazione, ammorbidire la posizione di Teheran sulla detenzione della cronista, per la quale Palazzo Chigi chiede l'immediata liberazione oltre che garanzie sulle sue condizioni di prigionia. La Procura generale di Milano, il cui parere non è vincolante per i giudici della Corte d'Appello chiamati a decidere su Abedini in una decina di giorni, si è già espressa per il no. Lo stesso ha fatto anche il Dipartimento di Stato Usa, anche visti i diversi detenuti che negli anni sono riusciti a fuggire dall'Italia mentre erano ai domiciliari in attesa di essere estradati negli Stati Uniti. Tecnicamente evasi.

Gli americani avevano già avvertito Roma nel caso dell'ultimo detenuto evaso in ordine di tempo: il russo Artem Uss, figlio di un fedelissimo di Putin, fermato in Italia su richiesta Usa per contrabbando e frode bancaria. E poi scappato da una villetta a Basiglio nel giorno del via libera alla sua estradizione, nel marzo 2023, dopo aver manomesso il braccialetto elettronico. Gli Stati Uniti, in una missiva al ministero della Giustizia, avevano chiesto di non dare al russo i domiciliari per il rischio di fuga. A supporto avevano elencato sei casi di cittadini fuggiti dal nostro Paese nell'arco di tre anni mentre erano ai domiciliari: la spagnola Laura Virginia Fernadez Ibarra, scappata da Firenze, il nigeriano Efeturi Simeon, l'americano Charles Christopher Gardner, evaso da Genova, il greco Christos Panagiotakopoulous, fuggito da Venezia, la svizzera Daisy Teresa Rafoi Bleuler, scappata dopo essere stata scarcerata con divieto di espatrio, e il tedesco Uwe Bangert, fuggito da Trento. «Ognuno di questi sei latitanti ha compromesso il rispettivo procedimento di estradizione e ha vanificato risorse giudiziarie e processuali sia dell'Italia che degli Stati Uniti e si è sottratto alla giustizia», scrivevano gli americani. Che sottolineavano lo «schema consolidato di latitanti scappati dall'Italia».

Se con queste premesse i giudici della corte d'Appello di Milano dovessero negare i domiciliari ad Abedini, potrebbe comunque intervenire il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. L'unico che ha il potere di revocare la carcerazione dell'iraniano.

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