«Termovalorizzatore è un eufemismo italiano, si chiama inceneritore». Sono parole di Rossella Muroni, deputata del Gruppo misto ora candidata del Pd nel collegio Roma 3. «Un nuovo inceneritore per Roma sarebbe un errore scriveva Muroni due mesi fa . La Capitale deve procedere spedita sul porta a porta e recupero materiali» Queste cose la candidata di Letta è andata a dirle contro Gualtieri a fine maggio persino alle Iene: «Dire che è a zero emissioni come fanno Calenda e Gualtieri è una fake news. E non è vero che è alternativo alla discarica, ce ne vorrà una di rifiuti speciali per le ceneri».
Non stiamo parlando di un esponente di seconda fila, o come Bonelli e Fratoianni notoriamente no a tutto, ma della candidata di punta del Pd a Roma che è un'attivista contro il termovalorizzatore, al pari dei 5stelle che per questo hanno fatto cadere Draghi. Candidata dal Pd apposta per incrociare quelle posizioni e quei voti grillini. La stessa cosa accade in Toscana. Dove il Pd candida Enrico Rossi, presidente della Regione prima di Giani. Da sempre contrario al rigassificatore di Piombino: «Tutta la Toscana dovrebbe protestare, non c'è nessuna ragione per cui la nostra Regione essendosi già fatta carico di un rigassificatore a Livorno, debba prenderne un altro nel porto di Piombino che non è certo l'unico che possa accogliere una nave di quelle dimensioni», scriveva Rossi un mese fa. E se Calenda dice che si deve fare lì perché c'è la darsena costruita per la Concordia, Rossi risponde: «Ricordo a tutti che la nave, naufragata all'Isola del Giglio, fu portata a Genova per essere smantellata bypassando Piombino e la Toscana che invece l'avrebbero voluta. Non si vede perché oggi Genova e il suo porto non debbano farsi carico di questo nuovo rigassificatore. Piombino intanto attende ancora risposte per quanto riguarda la siderurgia e per lo stesso sviluppo del porto che con il rigassificatore rimarrebbe bloccato».
E a proposito di siderurgia, Calenda - che di Ilva ne ha fatto un suo cavallo di battaglia essendo il ministro che ha anticipato e consentito la costruzione unica al mondo della copertura dei parchi minerari e l'avvio a Taranto del piano ambientale più evoluto d'Europa - oggi è l'unico che ha inserito Ilva nel programma, proponendone la privatizzazione. Il suo candidato a Taranto invece vuole che «un tarantino» entri nel cda. Per farci cosa? «Per chiuderla».
Anche queste non sono posizioni antiche, ma Massimiliano Stellato, il famoso gilet giallo candidato dopo Mara Carfagna, lo ha scritto sui social due giorni fa. Dopo un'ora il post è sparito, forse per intervento dello stesso Calenda che non condivide quella posizione. Tanto a Taranto le posizioni populiste di Stellato le conoscono tutti: un mese fa addirittura chiedeva di destinare 8 milioni alle famiglie delle vittime di inquinamento (non sa che ad oggi non ne è mai stata riconosciuta nessuna). Proprio ieri Francesco Boccia rivendicava in un incontro con Conte la battaglia comune contro le trivelle, mentre i candidati Andrea Romano e Bonafè chiedono la Via a Piombino per rallentare i lavori.
E chissà che ne pensa Di Maio oggi di tutte queste cose che ha sempre contrastato. Così chiudeva Rossella Muroni la sua intervista alle Iene: «Non si può dire una cosa in campagna elettorale e poi sei mesi dopo farne un'altra».
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