«Non dobbiamo promettere un paradiso che non esiste, questo significa che dobbiamo regolare il flusso immigratorio nelle forme più idonee, avendo ben chiaro che la trasmigrazione dal sud al nord continuerà. Occorre pertanto mettersi in condizioni di potere affrontare a risolvere i problemi che questo comporta. Diversamente, faremmo del male a loro e a noi stessi». È il 1990, il Parlamento sta discutendo una nuova norma sull'immigrazione che prenderà il nome di legge Martelli, dall'allora vice presidente del consiglio socialista Claudio Martelli (governo Andreotti). Bettino Craxi, leader del Psi, ha un quadro molto chiaro e a trent'anni di distanza profetico sul fenomeno ancora agli albori. Il quel momento gli immigrati (si chiamano ancora così, non «migranti») sono un problema molto relativo, la questione diventerà argomento pubblico solo l'anno dopo, con lo sbarco della nave Vlora, a Bari, carica albanesi. Ma l'immigrazione di massa con i barconi dal nord Africa verso l'Italia è qualcosa che non esiste ancora. Craxi però vede avanti. «Bisogna aiutare lo sviluppo delle economie del bacino del Mediterraneo, di paesi ad alto tasso demografico ma senza posti di lavoro. Sono paesi che vedono la televisione italiana, che vivono ormai in simbiosi con noi, e i loro abitanti sanno che a una notte di nave o a un'ora di volo ci sono le luci della citta». Due anni dopo, in un incontro elettorale del Psi sulla politica estera, Craxi disegna uno scenario futuro che, riletto adesso, mette i brividi per la precisione: «Le popolazioni (del Terzo mondo, ndr) sono soggette a un tasso di incremento demografico che è ancora molto alto. Sono iniziate correnti emigratorie e immigratorie che in assenza di un accelerato processo di sviluppo che abbracci tutta la riva sud del Mediterraneo sono destinate a gonfiarsi in un modo impressionante. E saranno delle tendenze inarrestabili e incontrollabili. Paesi con popolazioni giovanissime i quali vanno naturalmente verso le luci della città se noi non accenderemo un maggior numero di luvadel Psi, definendo l'immigrazione «la questione sociale del nostro secolo».
Anche Giulio Andreotti, più volte premier e ministro degli Esteri, aveva previsto quanto sarebbe accaduto anni dopo. In un Meeting di Rimini, nell'agosto 1991, metteva in guardia dagli effetti che l'esplosione demografica dell'Africa insieme al mancato sviluppo dell'Africa avrebbe avuto per l'Europa, e l'Italia in particolare: «Ci saranno milioni e milioni di persone che sfonderanno i confini dell'Europa. Sarà la marcia dei Tartari, sarà qualcosa di straordinariamente inarrestabile se non intensificheremo quello che stiamo facendo, se noi non mettiamo questi paesi in condizione di avere una condizione di vita che sviluppi la loro vocazione artigianale, turistica, industriale» spiegava Andreotti.
Ipotizzando già «aiuti ai tunisini, ai libici». Il primo sbarco a Lampedusa sarebbe arrivato solo un anno dopo, nell'ottobre del 1992: 72 immigrati. Numeri ancora irrisori. Da lì in avanti, l'invasione prevista da Craxi e Andreotti, trent'anni fa.
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