Il governo italiano protesta ufficialmente contro Israele dopo l'attacco compiuto dall'Idf alle basi italiane nella missione Unifil. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Difesa vanno giù pesante contro Tel Aviv. «Non si tratta di un errore né di un incidente, per questo non ci basta che non ci siano stati feriti gravi: abbiamo bisogno di avere spiegazioni formali nel più breve tempo possibile. L'ambasciatore israeliano non era in grado di fornire tutti gli elementi richiesti, e quindi attendiamo spiegazioni» dice Crosetto nell'incontro con la stampa, fissato d'urgenza a Palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri.
Il capo del governo, dopo un colloquio telefonico con il comandante del Settore ovest della missione Unifil, generale Stefano Messina, manifesta tutto il disappunto con le autorità israeliane: «Quanto sta accadendo nei pressi della base del contingente Unifil non è ammissibile». Il premier esprime vicinanza, personale e del Governo, ai militari impegnati in Libano. Meloni ricorda poi che «gli italiani continuano a sostenere un'opera preziosa per la stabilizzazione dell'area, in aderenza al mandato delle Nazioni Unite. Il Governo, nel confermare il ruolo fondamentale di Unifil nel sud del Libano, continua a lavorare per la cessazione delle ostilità e alla de escalation della regione». L'attacco dell'Idf al contingente italiano stravolge l'agenda del Cdm. Meloni convoca un gabinetto ristretto permanente con Tajani, Mantovano e il titolare della Difesa. Non ci sono soldati italiani feriti grazie ai bunker nei quali si sono rifugiati. Ma Crosetto, che interrompe il lungo digiuno di interviste e apparizioni tv, alza la tensione: «Gli atti ostili compiuti e reiterati contro la postazione 1-31 (di Unifil) potrebbero costituire crimini di guerra e rappresentano una violazione del diritto umanitario non giustificata da alcuna necessità militare».
Il ministro della Difesa si muove con tutte la armi a disposizione. Prima sente al telefono il suo omologo israeliano Yaov Gallant alla quale consegna con toni franchi l'irritazione ufficiale del governo italiano. Poi convoca l'ambasciatore israeliano Jonathan Peled. Il colloquio dura circa un'ora. Crosetto rappresenta, «in modo serio, secco, puntuale, nell'amicizia reciproca, che tali eventi occorsi sono inaccettabili». Parole che poi ripeterà in conferenza stampa, accompagnato dal generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante operativo di vertice interforze. Crosetto definisce l'episodio «inaccettabile» e manda un messaggio a Netanyahu: «Italia e Nazioni Unite non possono prendere ordini da Israele». Sul futuro della missione, il ministro resta cauto: «La scelta di restare o meno in Il Libano non spetta a noi ma spetta all'Onu: l'Onu non va indebolita, va semmai aiutata a diventare più forte, perché a oggi serve in Libano, presto servirà a Gaza, in spero Ucraina». In ogni caso il ministro ammette che il piano per il ritiro del contingente italiano (1200 militari) è già pronto in caso di necessità: «Abbiamo preparato da tempo piani di contingenza per qualsiasi evenienza, abbiamo accelerato i tempi di intervento qualora fosse necessario. Non è una scelta nazionale ma internazionale ma su cui risponderanno tutti i Paesi contributori».
In chiusura, arriva un cenno di Crosetto al colloquio tra Meloni e Schlein: «È fondamentale perché ci sono territori in cui la contrapposizione politica fa solo male al Paese. Ci sono cose su cui non si fa politica e le missioni internazionali sono una di quelle».
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