Il big match è fissato per il 22 settembre, l'arbitro è Bruno Vespa, e a confrontarsi saranno solo in due: Enrico Letta e Giorgia Meloni. Ma il faccia a faccia pre-elettorale tra i leader di Pd e Fdi, che per i sondaggi si giocano alle urne la palma di primo partito del Paese, oltre a mandare in soffitta le regole sulla par condicio manda pure su tutte le furie gli esclusi, a cominciare dal terzo polo. Il leader di Azione Carlo Calenda è tra i primi a sparare ad alzo zero: «Neanche in Russia twitta a caldo - la tv pubblica organizzerebbe un confronto due giorni prima del silenzio elettorale escludendo due coalizioni. Intervengano subito Agcom, Cda Rai e Fuortes. E a Enrico Letta dico: è questa roba qui che insegnavi in Francia? Vergogna».
La Rai a quel punto prova a correggere il tiro. Alla prima serata di Porta a Porta del 22, spiega un comunicato, «sono stati invitati a partecipare anche Matteo Salvini, Giuseppe Conte, Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio e Carlo Calenda. Ciascuno sarà intervistato per mezz'ora con modalità da stabilire». Insomma, interviste singole e «separate» rispetto al confronto, che resta con tutta evidenza il piatto principale.
Così la toppa è peggio del buco e fa insorgere la Bonino, due volte esclusa, che reclama spazio per +Europa, mentre Verdi e Sinistra italiana rimarcano la «palese violazione della par condicio». Renzi evoca un confronto a quattro, esteso a Conte e a Calenda, e il leader di Azione su Twitter riassume così la vicenda: «Vi spiego che cosa sta succedendo sui confronti. Letta e Meloni stanno dicendo a Rai (Bruno Vespa) e Corriere che sono pronti a confrontarsi solo tra di loro. Vogliono continuare questa stucchevole telenovela Sandra e Raimondo. Oggi scriveremo agli editori e ad Agcom».
In effetti la richiesta del confronto «solo per due» arriva da Letta, che ha tutto l'interesse a polarizzare la campagna elettorale e che dall'inizio batte sullo stesso tasto: «La scelta alle elezioni del 25 settembre è chiara: o noi o Meloni». Per lui e per il Pd, un confronto a due in televisione è la naturale conclusione di questa scelta strategica, tanto da aver lavorato con l'avversario per organizzarlo, visto che il gioco dell'uno contro uno fa comodo anche alla leader di Fratelli d'Italia. Fin qui tutto normale.
Il problema, semmai, è che la Rai sia stata al gioco del segretario dem. Arrogandosi il diritto di decidere chi proporre agli italiani per il confronto tv in modo arbitrario. Senza basarsi sulla rappresentanza parlamentare delle forze in campo, per esempio. Il sì all'«uno contro uno» avrebbe come origine, oltre a una latente ruggine tra Bruno Vespa e Monica Maggioni sulla gestione in Rai dei confronti elettorali, anche il timore della tv di Stato di vedere «Sandra e Raimondo» sfidarsi altrove, magari ospiti della Gruber, su La7.
Ma la Rai è servizio pubblico, e di sicuro le regole del gioco, in un caso come questo, dovrebbe dettarle viale Mazzini, oltre che rispettarle. E invece la tv pubblica, che da anni deve pesare presenze, spazi, tempi e periodi di share nelle apparizioni dei politici in campagna elettorale, adesso sembra disposta a dimenticarsi tutto sacrificando, sull'altare del «partido del siglo» tra Letta e Meloni, pure la par condicio.
Tra i perplessi, oltre ai politici esclusi, c'è anche la Commissione di Vigilanza Rai. Il cui presidente, il senatore azzurro Alberto Barachini, ieri è stato tempestato di segnalazioni, tra le quali la denuncia di Calenda.
«Mi occuperò di tutte le segnalazioni arrivate perché è necessario il massimo rigore e rispetto della par condicio e delle norme», ha spiegato Barachini, che chiederà all'Agcom una verifica sulla parità di condizioni garantite dal Servizio Pubblico nei confronti televisivi tra i leader politici.
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