I compensi sopra i 240 mila euro annui agli artisti che lavorano per e nella Rai non devono arrivare dal canone di abbonamento. Lo ha dichiarato il vice ministro all'Economia e alle Finanze Enrico Morando durante un'audizione in commissione di Vigilanza.
"Il punto di partenza - ha spiegato Morando - è dato dall'esigenza di distinguere nettamente il servizio pubblico universale dai servizi di valore aggiunto. La quota del canone di abbonamento riservata alla Rai è utilizzabile esclusivamente per finanziare attività relative al servizio pubblico universale, mentre i servizi di valore aggiunto devono essere finanziati attraverso altre fonti. Questa distinzione e la sua traduzione contabile nella contabilità separata di Rai è essenziale al fine di garantire il principio di parità concorrenziale nel settore".
Riguardo alla definizione di prestazione artistica, il vice ministro ha affermato che "la risposta la ricavo dal parere della avvocatura che sono gli organi gestionali della Rai nella propria autonoma responsabilità e nel rispetto dei principi di contabilità separata. Non posso essere io a valutare, è materia che non compete al Mef, mentre per l'aspetto secondo cui la prestazione di carattere artistico dà luogo alla possibilità/necessità per ragioni concorrenziali di superare il tetto, è tema di competenza del Mef su cui qualche osservazione va fatta".
Morando ha infine dichiarato che "è necessario che la capacità della contabilità separata sia ulteriormente migliorata,
dando conto delle distinzioni di finanziamento, diversamente la discussione è fondata sul pregiudizio. Ad essa sono chiamati gli organi Rai, la Vigilanza e chi è preposto al controllo contabile piuttosto che sul giudizio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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